Flatus Voci o della postverità
Siamo in presenza dell’inversione normativa e ciò in un mondo, quello del cosiddetto Occidente, che presume di essere il regno
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Gli sconvolgimenti che dalla tecnica e dalle tanto rapide quanto formidabili trasformazioni culturali e politiche sono stati imposti al nostro quotidiano, hanno generato una società assolutamente inedita. Per molti versi involuta, atomizzata, non solidale, inorganica, per altri rigenerata e attiva grazie ad aggregazioni spontanee, non sempre e non solo virtuali.
La società vive un momento di passaggio contrassegnato da una serie d’impulsi di ogni natura; taluni pilotati, altri assolutamente autonomi.
L’espansione fisica delle realtà istituzionali, sempre più incentrate su dimensioni internazionali o continentali, e quindi il loro scollamento dalla Polis, secondo logica dovrebbe comportare il passaggio di tutti noi dallo stato di cittadinanza a quello di una sudditanza ben poco critica verso astratte autorità divinizzate, costantemente confermate dalla liturgia videocratica.
Quest’involuzione è ineluttabile? O, come spesso avviene, le spinte di compensazione ci consentiranno di affermare forme, altrettanto inedite, di partecipazione politica e di autonomia?
Queste opposte tendenze s’intersecano nel vivere di tutti i giorni e noi intendiamo innanzitutto individuarle per provare a potenziare poi ciò che più si conforma alla civiltà di cui vogliamo essere eredi e continuatori, ma nell’innovazione, nella creatività e nella fantasia.
In questa logica e con quest’intento abbiamo deciso di raggruppare nella categoria che denominiamo Antropologia Sociale tutto quello che vi attiene, come moda, media, salute, condizionamenti, espressioni sociali, forme di comunicazione, concezioni imperanti, o emergenti.
Con tutto quel che ne consegue.
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