Antropologia Sociale

TUTTI INSIEME DISINFORMATAMENTE – L’evoluzione della comunicazione collettiva

Gli italiani  trascorrono su Facebook più di 6 ore al mese, e soltanto 43 minuti sui giornali; cioè poco più di un minuto al giorno, giusto il tempo per scorrere i titoli e qualche sommario.

Il diritto di informare e di essere informati rischia di restare invischiato in una melassa nella quale tutte le informazioni, quelle buone e quelle cattive, quelle utili e quelle inutili, vagano confuse e vicendevolmente mischiate. 

di Giuseppe Spezzaferro Giornalista

La carta stampata ha imboccato una strada senza ritorno. Fanno economie anche i giornali più forti dal punto di vista societario. C’è chi approfitta della crisi economica generale per “ristrutturazioni” forzate, ma la riduzione degli introiti pubblicitari, il calo dei lettori e, soprattutto, l’irruzione dei nuovi strumenti elettronici gravano di costi crescenti le aziende editoriali.

L’elemento di maggior rilievo è senza dubbio la gratuità dell’informazione sul web. Le notizie sono oramai “merce povera”: non danno guadagni. Chi naviga nel mare magnum della rete sa che può accedere a qualsivoglia notizia in tempo reale e senza sborsare un centesimo. Le nuove generazioni ignorano il giornale a stampa, scomodo, troppo lungo da leggere e che non dà nemmeno la possibilità di interagire.

Sulla rete, c’è un continuo scambio di informazioni, di immagini, di filmati. Ciascuno può condividere con l’universo mondo una opinione, un giudizio su un film e quant’altro gli venga in mente. E’ tutto free, senza prezzo (almeno all’apparenza, ma questo è un altro tema) nonché di enorme fascino: soddisfa la vanità e la naturale autoreferenzialità.   

L’agorà di questi tempi

Il social network (Facebook, Twitter…) è l’Agorà greca, è il Foro romano, è un luogo determinante per la formazione di una pubblica opinione. Realtà virtuale che impiega poco a diventare fisica: ci si dà un appuntamento via web e ci si ritrova in piazza insieme con altre migliaia di persone.

Il singolo è protagonista e concorre a creare una collettività di protagonisti accomunati da un medesimo obiettivo. 

E’ indubbio che la società impropriamente definita occidentale stia subendo profondi sconvolgimenti. Difficile trovare punti di contatto tra gli odierni stili di vita e quelli di un passato quanto mai recente. La dimensione spazio-temporale è tutt’affatto rivoluzionata. Manca poco che sia relegata in soffitta a fare compagnia alle lettere scritte a mano e al televisore in bianco e nero. Degli anni di vita che gli esperti danno alla carta stampata, abbiamo già fatto cenno (cfr. Polaris, n°4 e n° 7), qui ci poniamo la domanda successiva: quanto dureranno i giornali on-line

Al momento non sembra godano di buona salute.

In un recente rapporto (“State of the media: the social media report”), Nielsen, leader mondiale nella rilevazione dei dati sull’utilizzo dei media, ha registrato che blog e social network sono seguiti in Italia dall’86% dei frequentatori di internet, mentre negli Usa la percentuale è del 79%. Gli italiani impiegano su quei siti un terzo del tempo che spendono on-line. Su Facebook, per esempio, trascorrono più di 6 ore al mese, e soltanto 43 minuti sui giornali; cioè poco più di un minuto al giorno, giusto il tempo per scorrere i titoli e qualche sommario.

E’ facile prevedere che, se resteranno così come sono, i quotidiani italiani in rete non resisteranno a lungo. Molto dipende dagli editori (che risparmiano assumendo giovani copia-e-incolla), ma anche dai giornalisti, che debbono adeguarsi alla rivoluzione in atto. In California c’è il centro nevralgico del più grande distributore di notizie al mondo, “Google News”, eppure di giornalisti nemmeno l’ombra. E’ probabile che sui circa ventimila dipendenti qualcuno ci sia. Anche se fosse, non avrebbe, però, niente che fare con la struttura informatica che “fotografa”, ogni 600 secondi!,  40mila siti di notizie di tutto il mondo.  

Un dato è certo: la qualità dell’informazione è il giornalista che la determina, sia sul cartaceo che sull’elettronico. La mediazione tra l’accadimento e il pubblico è essenziale per la corretta comprensione del fatto.  

Hyper-news

Fare giornalismo sul web è una sfida per il giornalista come per l’editore. E’ sbagliata l’idea che le nuove tecnologie rendano superfluo il lavoro del giornalista. Anzi, gli strumenti elettronici rendono al meglio quando a servirsene ci sia il professionista dell’informazione. La multimedialità è il passepartout per il giornalista di domani.  

E’ necessario andare incontro al consumatore, lo si deve attirare offrendogli il modo di partecipare. A nessuno piace sentirsi fruitore passivo. Televisione e cinema si stanno evolvendo nella direzione dei prodotti interattivi. Al riguardo, Yves Confalonieri, direttore di Rti New Media, ha annunciato: «Lo sviluppo dell’interattività legata alle produzioni televisive rappresenta per noi un aspetto necessario affinché lo spettatore sia sempre più partecipe e protagonista della “sua” televisione». I media “antichi” (giornale, radio e televisione) hanno perso il monopolio e perciò aggiornarsi è vitale.

La necessaria metamorfosi del giornale vedrà l’incontro del testo con l’ipertesto. Avremo, come già anticipato negli States, le hyper-news. Il supporto cartaceo sparisce, arriva quello elettronico nel quale giornalista e lettore interagiscono. Ma c’è parecchio ancora da… digitare. Al momento, si diffonde sul web un giornalismo-bricolage fai da te, che risente, fra l’altro, della ignoranza diffusa. Bastano pochi minuti su Facebook per incappare in orrori a riprova di quanto grammatica e sintassi siano le grandi assenti. La scarsa conoscenza della lingua italiana è comunque poco rispetto alle castronerie d’ogni genere, che rimbalzano da una pagina all’altra. Il giornalismo di nuova generazione dovrà fare i conti con un analfabetismo collettivo e con i mille alibi che gli ignoranti s’inventano per non sentirsi in colpa.

L’analfabetismo di questi tempi

Negli Stati Uniti, secondo il Dipartimento per l’educazione, sono 32 milioni gli americani che hanno difficoltà nella lettura, un dato che dimostra come quella dell’analfabetismo non sia affatto una malattia rara. Una terapia adeguata non può prescindere da un uso accorto dei nuovi strumenti. Anche un blog, se interessante e nutrito di attualità, può essere un farmaco anti-ignoranza. 

Un blog statunitense, “The Huffington Post”, è uno dei più seguiti al mondo. In origine era un aggregatore di notizie prese da altri siti (molti blogger l’hanno chiamato in causa per danni) e scelte nei più diversi comparti: politica, spettacolo, tecnologia, attualità… Grazie alla visibilità crescente, s’è rivelato luogo privilegiato per interventi anche autorevoli, a cominciare dal presidente Obama, per cui oggi è “produttore” di notizie e non più umile raccoglitore di report altrui. Non è esagerato concludere che per molti utenti quel blog sia diventato un prezioso strumento didattico oltre che informativo. 

Questa nella quale viviamo è stata definita la società dell’informazione. La produzione e l’impiego delle informazioni generano più ricchezza di quanta non ne produca il sistema industriale. La minaccia del sovraccarico cognitivo (information overload) non è meno pericolosa del contrario, vale a dire di una penuria di informazioni. Da una parte, l’utente può apprendere poco di ciò che succede, dall’altra è talmente bombardato da non riuscire a mettere a fuoco un solo fatto. La responsabilità di aiutare a “digerire” le informazioni è del giornalista (se supportato, ovviamente, dall’editore). Insieme con la funzione di mediatore va rafforzata quella di “filtro”, in modo da ottimizzare la comunicazione sia in rapporto all’importanza che in relazione al tempo necessario ad un utente per apprendere una notizia. Per suscitare l’interesse di una persona, è necessario conquistarne l’attenzione e, per ottenere questa, è indispensabile farsi dedicare del tempo. E’ un po’ più complicato di così, ma l’accenno è sufficiente per rimarcare che è in corso una dura guerra di conquista del tempo dell’altro. Anche l’informazione cosiddetta di servizio è inutile se non cattura una scheggia di tempo dell’utente. 

Il diritto di informare e di essere informati rischia di restare invischiato in una melassa nella quale tutte le informazioni, quelle buone e quelle cattive, quelle utili e quelle inutili, vagano confuse e vicendevolmente mischiate. E’ più facile evitare una eventuale censura, contrabbandando le notizie, che estrarle da quella melassa informe. 

A dispetto di molti, la funzione del giornalista conserva appieno la centralità originaria. Il professionista dell’informazione, se vogliamo fare un paragone, è come il pittore che ha continuato a dipingere nonostante l’irruzione della fotografia.

Tratto da “Polaris – la rivista n.9 – CRISI: COMBATTERLA O SUBIRLA” – acquista qui la tua copia

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