IDEM SENTIRE – L’evoluzione del Diritto dall’Italia unita ad oggi
La legge deve tornare a porsi come strumento di orientamento dei consociati, in una dimensione oggettiva e non semplicemente imperativistica.
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Il mutamento delle relazioni nazionali, lo sviluppo della tecnica, l’allargamento dei mercati, l’avvento di poteri sovranzionali, la costituzione di omogenee zone economiche e politiche, tutto questo comporta una serie di problematiche reali.
Il Diritto risponde da sempre al senso di civiltà di un popolo, di una nazione, di una cultura anche allargata, magari nella forma di un Impero.
Molto difficile è far convivere civiltà basate su concezioni diverse del Diritto; Romano o Anglosassone, Napoleonico o Sovietico.
Ce ne rendiamo conto addirittura nelle piccole cose, quando il Diritto comunitario cozza con quello nazionale. E non abbiamo ancora idea di quello che può significare un contenzioso con la Cina o l’India.
In questa fase di Sovranità indeterminata siamo tutti vulnerabili.
L’utopia di un Diritto Universale, armonico, valido per tutti e rispettato da tutti è priva di fondamento reale. Nel suo nome si commettono forzature e violenze contro gli usi, le tradizioni, la storia di ogni singola civiltà, senza riuscire a uniformare le genti se non nell’eliminazione dei rispettivi riferimenti culturali e giuridici. Il rischio è di costituire, per la prima volta nella storia, una sovrastruttura legale priva di anima, supertecnologizzata, distante dal cuore della gente, che cerchi d’imporre un’utopia. Conosciamo gli esiti di ogni utopia imposta da pochi eletti: finisce in tragedia.
Affinché non scaturisca in tragedia anche questa tentazione, perché le convivenze allargate siano il frutto di un’evoluzione naturale e non priva di anima, servono attenzione, lungimiranza, buon senso e discernimento. Oltre che consapevolezza, conoscenza e competenza.
La legge deve tornare a porsi come strumento di orientamento dei consociati, in una dimensione oggettiva e non semplicemente imperativistica.
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