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SEMICONDUTTORI: ECCO PERCHÉ INTEL VUOLE PRODURRE CHIP IN EUROPA

Nel pieno della crisi dei semiconduttori, il progetto dell’americana Intel dimostra come al momento sganciarsi dagli altri player globali sembra sempre più difficile

di Salvatore Recupero

Davanti alla crisi dei semiconduttori avevamo auspicato una risposta europea al problema (1). Tuttavia, al momento, sganciarsi dagli altri player globali sembra sempre più difficile. E come avviene sempre in questi ultimi 100 anni qualcuno dall’altra parte dell’Oceano è venuto in nostro “soccorso”.

In questa ottica va vista la recente trasferta europea del CEO di Intel Pat Gelsinger. Quest’ultimo è stato a Bruxelles, Parigi e a Roma. Nella Città eterna, come da tradizione, il manager americano ha fatto “il giro delle sette chiese”. Ha incontrato il presidente del Consiglio Mario Draghi e i ministri Vittorio Colao (Innovazione tecnologica e transizione digitale) Giancarlo Giorgetti, oltre ai vertici di Tim e Leonardo. Poi, per non farsi mancare nulla, ha visto anche papa Francesco. Vediamo meglio cosa ci porta in dono questo novello zio d’America. 

Il progetto di Intel

Gelsinger, ha detto a La Repubblica (2) di voler aprire un’altra grande fabbrica di semiconduttori in Europa (un progetto da 100 miliardi di dollari), oltre a quella in Irlanda. Nell’intervista troviamo molti spunti interessanti. Intanto registriamo la stima nei confronti di Mario Draghi. Secondo Gelsinger: “L’Italia in questo momento ha un grande primo ministro. Siete fortunati. È una persona eccezionale che non ha nulla da dimostrare a livello mondiale e che adesso ha come unico obiettivo quello di far crescere l’Italia”. Interessante, poi, quello che viene detto a proposito dei fondi del Pnrr: “L’Unione Europea ha deciso di destinare all’Italia la maggior parte dei finanziamenti per ripartire. È una grande occasione”. 

In pratica, il manager americano vuole mettere le mani sui fondi del Pnrr per costruire la “sua giga factory in Europa”. Le cifre sono da capogiro: per realizzare questo progetto sono necessari almeno 8 miliardi di euro sotto forma di aiuti di stato. Vedremo cosa dirà la Commissione davanti a questa operazione. Nonostante la stima nei confronti del nostro premier non è scontato che l’impianto targato Intel sorga in Italia. Anzi, a detta del sito Formiche.net (3) l’impianto di produzione potrebbe sorgere nella base aerea di Penzing-Landsberg, a Ovest di Monaco, in Baviera. 

L’Europa non può o non vuole farcela da sola?

Se il progetto si concretizzasse sarebbe un brutto colpo per chi auspica l’autonomia strategica dell’Ue. Tuttavia, non possiamo meravigliarci. Da almeno 30 anni l’antitrust non ha fatto altro che impedire la creazione di grandi gruppi industriali all’interno dell’Unione. A questo proposito possiamo ricordare la bocciatura della commissione della fusione tra Alstom e Siemens. Certo il settore era diverso, ma la logica masochista rimane. 

Tornando ai semiconduttori, nei primi di marzo la Commissione si era posta obiettivi molto chiari, ma forse difficilmente raggiungibili. Il piano era molto ambizioso: raggiungere entro il 2030 il 20% della produzione globale di microchip avanzati da 2 nanometri, e costruire nuovi impianti per conquistare il mercato. Certo sono necessari investimenti per recuperare questo gap. Ma forse è l’ultimo dei problemi. Ad esempio c’è il “Digital Compass” che mette sul piatto 140 miliardi di euro per la tecnologia. C’è anche il Recovery. 

Manca, però, la strategia e soprattutto la volontà di tagliare i ponti con Washington. Le mosse del Commissario alla Concorrenza Margrethe Vestager e del Commissario al Mercato Interno Thierry Breton non stanno dando i frutti sperati: troppe beghe da cortile tra le varie società europee. Così spianiamo la strada ad Intel o ad altre big tech Usa. C’è, però, qualche lodevole eccezione. 

STMicroelectronics: un modello da implementare

Ad esempio la STMicroelectronics: un gruppo franco-italiano, che è fra i maggiori produttori di componenti elettronici a semiconduttore al mondo. Ma non si tratta di un’azienda come un’altra. Vediamo perché.

Essa è controllata da St Holding: una joint venture partecipata al 50% dal Mef e da Ft1Ci, veicolo a sua volta detenuto al 95% dalla BPI Groupe (una banca d’investimento francese assimilabile alla nostra Cdp). L’intervento pubblico, dunque, funziona anche se sono due “stati” a detenere azioni della stessa società. Il tema è stato analizzato su Kulturaeuropa (Le nazionalizzazioni in un’ottica europea) (4). Oggi il gruppo europeo vuole fare due grossi investimenti in Italia. Il primo lo vedremo in Brianza ad Agrate. Si tratta di un impianto di 65mila metri quadri, del valore di circa 1,6 miliardi di euro, per produrre wafers in silicio da 300 mm di diametro. È stato già presentato due settimane fa alla presenza del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti.

L’altro è in provincia di Catania. Tuttavia, in questo caso ancora non c’è nulla di certo. Il progetto potrebbe saltare. A spiegarci perché è Francesco Bechis nel succitato articolo per Formiche.net. Nel Pnrr, infatti, viene “esclusa” la presenza di aiuti di Stato in accordo con le regole della Commissione Ue. Dunque, o a Roma si trova il modo di “aggirare l’ostacolo” oppure l’impianto potrebbe essere spostato in Francia (molto generosa e flessibile in materia di aiuti di stato). Se, quindi, il progetto sfuma non possiamo prendercela con Parigi.

Divide et impera americano

Per essere più chiari, tutti sappiamo che la Francia non si fa scrupoli a difendere l’interesse nazionale anche a scapito delle nazioni alleate. Il problema, però un altro: gli europei dovrebbero imparare a gestire questi conflitti senza cercare la sponda d’Oltreatlantico. Tutte le volte che Washington viene chiamata a dirimere le controversie si rafforza. È la logica del divide et impera. Poi è anche vero che se gli europei non litigano ci pensano gli americani a mettere zizzania o a cercare di coalizzarli contro un nemico comune (prima l’Urss, poi il terrorismo islamico, oggi la Cina). 

Questo tipo di approccio ha grosse ricadute sul piano geoeconomico. La vicenda di Intel è solo un esempio. Pensiamo a ciò che è già accaduto per Gaia X, il cloud europeo. Nelle intenzioni di Bruxelles il progetto doveva essere gestito solo da una nuova rete di aziende europee (era un modo per contrastare la pervasività delle big tech Usa). Poi però chissà perché a bordo di Gaia X sono saliti Amazon, Microsoft, Google ed altre. Queste società extra-Ue saranno partner e quindi capaci sia di recepire le infrastrutture tecnologiche e regolamentari in via di definizione intorno al cloud europeo, sia di influire sulle scelte, come illustrato recentemente dal commissario Breton. Ma la Silicon Valley, come sappiamo, risponde a Washington (5). Gli americani messi alla porta sono rientrati dalla finestra con buona pace della sovranità digitale. Forse allora, (come spiega Enrico Toselli su ElectoMagazine) (6) ripensare alle nazionalizzazioni in chiave europea diventa una strada obbligata per costruire una “Unione anche politica”. 

1. Crisi dei semiconduttori: ecco gli effetti della carenza di microchip Polaris sito web di Salvatore Recupero 20 Maggio 2021  https://www.centrostudipolaris.eu/2021/05/20/crisi-dei-semiconduttori-ecco-gli-effetti-della-carenza-di-microchip/

2. Gelsinger “Intel cresce in Europa. Possibile una fabbrica da 100 miliardi in Italia”, La Repubblica di Riccardo Luna 02 Luglio 2021 https://www.repubblica.it/economia/2021/07/02/news/intel_fabbrica_chip-308603558/

3. Non solo Usa. Il piano Draghi per rilanciare i microchip (in Italia), Formiche.net di Francesco Bechis 01 Luglio 2021 https://formiche.net/2021/07/non-solo-usa-il-piano-draghi-per-rilanciare-i-microchip-in-italia/

4. Le nazionalizzazioni in un’ottica europea” di Radio Kulturaeuropa 10 Giugno 2021 https://www.spreaker.com/user/kulturaeuropa/le-nazionalizzazioni-in-un-ottica-europe

5. Stati e big tech: chi comanda? Polaris sito web di Salvatore Recupero 23 Febbraio 2021 https://www.centrostudipolaris.eu/2021/02/23/stati-e-big-tech-chi-comanda/

6. Europa imprenditrice? Nazionalizzazione continentale per creare una unione anche politica ElectoMagazine di Enrico Toselli 13 Giugno 2021 https://electomagazine.it/europa-imprenditrice-nazionalizzazione-continentale-per-creare-una-unione-anche-politica/

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