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GREEN DEAL EUROPEO: OPPORTUNITÀ E PARADOSSI DELLA SOSTENIBILITÀ

La ricerca dello sviluppo sostenibile voluta dall’Ue è inutile e controproducente?

Se la transizione ecologica è davvero irreversibile, essa deve essere governata e non subita

di Salvatore Recupero 

Nulla avviene per caso. Sarà per questo che la Commissione Europea, lo scorso 14 luglio, ha adottato una serie di proposte rivoluzionarie sul tema dell’ambiente. L’obiettivo è trasformare le politiche dell’Ue in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità in modo da ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Dunque, dobbiamo ridurre le emissioni per fare dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Questa è in sintesi lo scopo finale del Green Deal Europeo (1).

Prima di entrare nel vivo della questione dobbiamo almeno in linea teorica soffermarci sul concetto di sviluppo sostenibile

Sviluppo sostenibile: gli aspetti teorici

Questo tema è stato analizzato in maniera approfondita sul numero 23 della rivista Polaris (2) dal professore Gian Piero Joime (Docente universitario di economia ambientale). Joime spiega come “il modello teorico di sviluppo sostenibile ha la sua radice culturale nella teoria del tecnocentrismo moderato, ovvero nella fiducia dell’innovazione, e in questo ambito dell’ecoinnovazione, quale fattore risolutivo del dilemma tra sviluppo economico e tutela ambientale”

Insomma si tratta di una sintesi che consente di superare l’antinomia tra sviluppo industriale e tutela dell’ambiente. “La sfida – secondo il docente romano –  è quella di creare un circolo virtuoso: migliorare la resa ambientale generale dei prodotti durante tutto il loro ciclo vitale, promuovere ed incentivare la domanda di prodotti migliori e di tecnologie di produzione migliori, aiutando i consumatori a scegliere meglio grazie ad un sistema di etichettatura maggiormente coerente e semplificata”. Joime parla di sostenibilità riferendosi alle imprese agroalimentari. Fatte queste premesse, possiamo analizzare le proposte avanzate dalla Commissione.

Fit 55: come l’Ue vuole ridurre le emissioni

Il piano si chiama “Fit for 55”, cioè “Pronti per il 55”: il riferimento è alla quota minima di riduzione delle emissioni di gas serra. Il “pacchetto” è molto corposo, soffermiamoci, dunque, sulle proposte più importanti. 

La prima riguarda l’ETS, ovvero il sistema per lo scambio delle quote di emissione. L’Unione europea ha creato un mercato che garantisce alle aziende un certo numero di quote “di inquinamento” all’anno, che non devono sforare: tale numero si riduce nel tempo, e le aziende meno inquinanti possono vendere le proprie quote inutilizzate a quelle che altrimenti supererebbero la soglia massima. 

Poi, è previsto che “un nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere fisserà un prezzo del carbonio per le importazioni di determinati prodotti per garantire che l’azione ambiziosa per il clima in Europa non porti alla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio”. Si tratta in sostanza di una tassa sul carbonio applicata alle frontiere dell’Unione europea su alcune merci – come l’acciaio o l’alluminio – provenienti da quei paesi esterni in cui le aziende non devono sottostare a regole sulle emissioni altrettanto stringenti. 

Infine, (dato che la produzione e l’uso di energia rappresentano il 75 % delle emissioni dell’Ue) è essenziale accelerare la transizione verso un sistema energetico più verde. La direttiva sulle energie rinnovabili fisserà l’obiettivo più ambizioso di produrre il 40 % della nostra energia da fonti rinnovabili entro il 2030. Tutti gli Stati membri dovranno contribuire e sono previsti obiettivi specifici per l’uso delle energie rinnovabili nei settori dei trasporti, del riscaldamento e del raffrescamento, degli edifici e dell’industria. Infine, dal 2035 dovremmo fare a meno delle automobili alimentate a combustili fossili. Questo avrà un impatto notevole su tutto il settore dell’automotive. 

A questo punto dobbiamo porci qualche domanda. Ovvero, riusciremo a rientrare in questi parametri? E soprattutto, ne vale la pena?

I paradossi dello sviluppo sostenibile

La questione è ampiamente dibattuta. Ad esempio sul sito econopoly.ilsole24ore.com, Enrico Mariutti (3) (ricercatore e analista in ambito economico ed energetico) ci invita a riflettere su questi temi senza nessun “paraocchi ideologico”. 

Ad esempio, Mariotti si chiede (ma come vedremo non è il solo): di quanti soldi e di quanta terra avremo bisogno per installare tutti i pannelli solari e tutte le pale eoliche che ci serviranno nel quadro della transizione ecologica? La risposta a questa domanda non è semplice perché gli studi giungono a risultati contraddittori. 

Ma anche prendendo per buono il report “più ecologista”, si stima che per centrare l’obiettivo del 100% rinnovabili all’Italia serviranno 600 miliardi di dollari e 500.000 ettari. Contestualmente il costo di produzione dell’elettricità (LCOE) raddoppierà e l’efficienza di rete precipiterà a livelli da terzo mondo (25% di perdite). Lo studio prevede perdite di rete pari 194 TWh l’anno, cioè due terzi dell’attuale produzione elettrica italiana. 

Al di là del dato economico, se ci soffermiamo sul consumo del suolo, vengono fuori dei dati scioccanti. Fatte le dovute proporzioni è necessaria una superficie pari a una volta e mezza la Valle d’Aosta. Ma il paradosso continua: Il modello 100% rinnovabili, infatti, non coincide con l’azzeramento delle emissioni. Per amare veramente il pianeta dobbiamo diminuire i consumi domestici, i trasporti. Ed infine quando impatta sull’ambiente la costruzione di pannelli solari e pale eoliche?

Forse Mariotti si sbaglia, ma di sicuro non c’è attività umana priva di esternalità negative. In pratica, tutto inquina. Vivere in maniera sostenibile è dunque difficile e non è detto che serva a ridurre o a contenere il riscaldamento climatico. 

Governare la transizione ecologica

Sono tanti gli scienziati che mettono in discussione questo assioma. Ad esempio il premio Nobel per la fisica e senatore a vita Carlo Rubbia. Secondo il noto fisico italiano: “Tenere sotto controllo la CO2” non è sufficiente a mantenere il clima della Terra invariato. 

Tornando al “Fit for 55” non conta solo la CO2, ma l’inquinamento complessivo legato a ciclo di vita dei veicoli. È necessario usare questo parametro per stabilire cos’è sostenibile. Ed è proprio per questo che il progetto del Green Deal Europeo rischia di essere inutile e controproducente. Esso si mostra come un elenco infinito di norme e parametri. Se il progetto non verrà emendato, richiamo di far pagare agli europei i costi di un’inevitabile transizione che va governata e non subita.

1. European Green Deal: Commission proposes transformation of EU economy and society to meet climate ambitions European Commission Press Release 14 Luglio 2021 https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_21_3541

2. Una politica industriale durevole – Le imprese agroalimentari italiane e il regno della sostenibilità. Di Gian Piero Joime. Polaris rivista numero 23 gennaio 2020 https://www.centrostudipolaris.eu/2020/01/01/una-politica-industriale-durevole-le-imprese-agroalimentari-italiane-e-il-regno-della-sostenibilita/

3. Transizione ecologica: per l’Italia almeno mille miliardi e un milione di ettari. Di Enrico Mariutti Econopoly.ilsole24ore.com 09 luglio 2021 https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2021/07/09/transizione-ecologica-italia/?uuid=96_CnCbeR3y

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