L’EUROPA, LA RUSSIA E LA GEOPOLITICA
Perché negli ultimi anni Mosca si è trasformata da principale partner strategico a primo nemico diretto dell’Europa?
Quale sarà il futuro della geopolitica europea?
di Centro Studi Polaris
Si afferma che la guerra in Ucraina danneggi la geopolitica europea. È vero, ma non come lo si intende generalmente. Un altro ritornello è che sia una guerra della Nato e che se la sosteniamo ne andrà della nostra indipendenza, ma non è propriamente così. Vediamo perché.
Le sfide mondiali
Da almeno un quarto di secolo, le sfide mondiali si fondano sulla differenziazione delle fonti energetiche e sulla rivoluzione digitale (cui si aggiunge la robotica).
In questo quadro, in cui ormai domina il Nomos dell’Aria, che ha modificato i parametri classici della geopolitica, le grandi sfide riguardano:
1) la rivoluzione in UHVDC (Ultra High Voltage Direct Current) che prevede centrali in grado di generare grandi quantità di energia da distribuire a grandi distanze. Questo tende a comportare al contempo un abbattimento dei costi e l’avvento di un oligopolio mondiale. Trattandosi di sfruttare al massimo regioni in grado di generare grandi quantità di energia, la Cina è molto avanti a tutti.
2) La produzione dei semiconduttori. Anch’essa prevalente in Asia, tuttavia non vede ancora la Cina predominare.
3) L’accaparramento dei metalli rari e in particolare di litio e cobalto, fondamentali per la new economy.
Queste contese centrali si collegano a quelle classiche su petrolio e gas che, a loro volta, sono influenzate dal nuovo ruolo americano di fornitore mondiale di shale.
Secondo le logiche del capitalismo, gli scontri citati non vedono soltanto dei players contrapposti, in quanto, da un lato, gli intrecci d’interesse internazionali sono variegati e contraddittori e qualsiasi blocco ipotetico (tipo il Brics) è solo un concetto semplicistico e inesatto; dall’altro perché, per via degli interessi dei gruppi economici, gli stessi players sono molto divisi al proprio interno. Questo vale per gli Usa ma anche per la Cina.
Stati ed armamenti
Gli Stati, i grandi spazi culturalmente ed etnicamente omogenei, hanno ripreso ad avere un ruolo, anche se non assoluto, nelle nuove contese di una globalizzazione che evolve, involve ed evolve ancora. La potenza muscolare ha sempre un ruolo, ma non è quello di qualche decennio fa: serve ormai a sostegno delle azioni di ogni player sia come deterrenza che come offerta di protezione, ma poi l’imperialismo muove su altre direttrici molto più capillari e sofisticate. Solo la Russia pensa che le cose stiano come mezzo secolo fa.
In realtà la forza militare, che è secondaria rispetto al potere satellitare, priva di un soft power decente e della capacità d’influire culturalmente, serve solo ad aggredire chi non abbia forza sufficiente. Ma a che pro? Oggi non basta essere predoni.
Il suicidio russo
La Russia ha provato ad aggredire l’Europa (non solo in Ucraina, ma in Libia e nel Sahel) perché non sapeva cos’altro fare, avendo fallito su tutti i piani. Il rilancio industriale? Quando Putin ha preso in mano il Paese, ridotto a una sorta di petrolmonarchia, s’impegnò a ridurre la sua dipendenza dall’export di materie prime che ammontava al 46%. È invece passato a oltre il 60%. La nazione, pur multietnica e multireligiosa, è andata precipitando sul piano demografico, il che si è sommato ai disastri delle divaricazioni sociali e agli strabilianti primati in aborti, suicidi, morti da droga e da alcool. I Paesi su cui aveva mantenuto una storica influenza, sia in Africa che in Asia, hanno visto moltiplicarsi gli investimenti cinesi ed occidentali: i russi hanno fallito anche lì.
La scelta russa di attaccare l’Europa, almeno dal 2014, nacque dalla presa d’atto che il ruolo russo nel mondo era prossimo a divenire ininfluente. Così Putin, o probabilmente l’oligarchia di cui egli è il garante, decisero di sconfessare la linea brillante tenuta dal Cremlino dal 2001 al 2006 quando, seguendo il pensiero di Igor Ivanov, Mosca si era posta a cerniera tra la Ue (con stretta cooperazione con Parigi e Berlino) e la Cina. Giocando a pendolo nella Sco (Cooperazione di Shangai), funzionava come fulcro di una bilancia, ma per continuare a farlo avrebbe dovuto rinunciare ai brutali revanscismi neosovietici e alle mire di conquista ad ovest. Troppo intelligente per dei mafiosi egoisti che, pur di non tenere relazioni paritetiche con l’Europa, preferirono iniziare a fare i bulli, perdendo così su tutti i fronti. Infatti ora sono in grosse difficoltà nel vicinato prossimo: in Kazakhstan prendono schiaffi non dagli americani, ma dai cinesi, e in Azerbaijan dai turchi e perfino dagli iraniani.
La Nato e la Russia
Dicevamo che l’invasione russa dell’Ucraina è dannosa per la geopolitica europea. Non lo è tanto per il rafforzamento della Nato, ma per il tramonto obbligato della Dottrina Macron. Questo è un dato di fatto, imputabile al solo Putin, ma oggi come oggi, con l’evoluzione dei rapporti di forza, la presenza della Nato ha molto meno importanza che in passato. Paradossalmente l’azione russa ha invece prodotto una scossa che richiede agli europei un maggior impegno economico e industriale nel seno dell’Alleanza Atlantica, il che ne aumenterà il peso all’interno.
Analisi superficiali a parte, il problema della Nato non è la Nato, è la nostra (europea) non indipendenza strategica. Non indipendenza strategica determinata, attenzione, dall’affidamento pigro alla Nato e non dalla “occupazione militare” che, in realtà, è avvenuta per richiesta generale e per tema sacrosanta dei russi. Quindi è di quello che dobbiamo occuparci in prospettiva.
Se fino allo scorso febbraio si poteva pensare di realizzare altrimenti la nostra indipendenza strategica, oggi la Russia ha deciso per noi. Possiamo passare il tempo a insultarla o a maledirla, ma non serve a niente: dobbiamo fare di veleno pozione, come più volte accaduto in passato. Le posizioni “antagonistiche” oggi valgono come quelle contro i Pershing prima della Caduta del Muro: sono le più antieuropee e le più oggettivamente servili in circolazione.
La guerra è poi dannosa perché, tra divisioni interne, costi levitati e strade interrotte verso i metalli rari, l’Europa è ampiamente danneggiata. Sempre dai russi. Mettiamocelo bene in testa: dai russi, anche se così stanno facendo un favore agli americani. Irussi stanno agendo solo contro di noi, e lo stanno facendo anche in Africa.
Tramonto russo
Che la Russia non conti più nulla, se non come fornitore, e come ricattatore nucleare, lo dimostra chiaramente il fatto che nei principali trattati commerciali dell’Indo-Pacifico, dove si svolge oggi la vera politica mondiale, non compare per niente, pur affacciando su quell’oceano. Vi compaiono in compenso la Ue, e poi, anche individualmente Francia e Germania.
La Russia sta menando fendenti dove può perché è accecata dalla sua progressiva impotenza, ma così facendo, mentre sprofonda nelle proprie sabbie mobili, non accontenta nessuno.
Se la Cina può anche ritenere utile il ruolo di gendarme antieuropeo che il Cremlino ha assunto in Africa, gli effetti della guerra in Ucraina hanno però ridotto le possibilità di azione e d’iniziativa europee proprio sull’Indo-Pacifico, dove la Cina ha invece bisogno del nostro intervento per venire a capo di un dualismo che la infastidisce.
L’orso cieco, zoppo, stupido e furioso è diventato patetico, al punto che a Baku Putin si è fatto umiliare pubblicamente prima da Xi, poi da Modi e da Erdogan.
Geopolitica europea
In quanto alla “geopolitica” europea, non può differire molto da quella che si delineò negli anni Trenta. Ad est c’è uno spazio vitale di risorse, terre, materie prime. La logica “eurasiatica” può essere concepita solo così, ovvero con la nostra proiezione ad est, alla ricerca di un sistema di equilibri (come la Sco) che ci consenta di rapportarci con la Cina, con l’India e con l’Hearthland tramite il cuscinetto russo. E non a caso è questa e solo questa la prospettiva temuta dal Cfr americano, che non teme invece intese russotedesche (se dominate da Mosca).
La linea decisiva di sviluppo, però, da ogni punto di vista (regolamentazione e inversione delle migrazioni, acquisto di materie prime, sviluppi geostrategici sull’Oceano Indiano) è quella “euroafricana” che aveva perfettamente colto l’Italia di inizio Novecento.
E su entrambe le direttrici troviamo le truppe russe a fermarci, con grande soddisfazione americana.