Relazioni Internazionali

C’ERA UNA VOLTA L’ADRIATICO – Un mare che può tornare strategico per le mire cinesi

Come in epoca antica, si torna a parlare di lunghe direttrici commerciali. Questa volta, però, l’iniziativa è stata assunta dalla Repubblica Popolare Cinese, che attraverso l’iniziativa strategica nota come “Nuova via della seta” ha inteso dare vita ad una complessa struttura volta a migliorare i suoi collegamenti commerciali con diverse aree del pianeta, tra cui quella mediterranea.

Pechino si sta muovendo, da tempo, con sostanziosi investimenti, condotti dalle sue banche d’affari, in Paesi che, all’interno dell’area di cui parliamo, appaiono segnati da un forte ritardo commerciale ed infrastrutturale, come Serbia e Grecia. 

di Marco Zenesini Impiegato, studente e cultore di scienze giuridiche e politiche

I rapporti tra la penisola italiana e quella balcanica s’inseriscono nella millenaria storia dell’area mediterranea, nelle sue parti a cavallo tra Occidente ed Oriente. In particolare, entro tale ambito un ruolo di assoluta rilevanza è rivestito dalle comunicazioni marittime. Le acque dell’Adriatico sono state, in tal senso, oggetto delle più svariate vicende, ed attraverso di esse si ha avuto modo di osservare la nascita, lo sviluppo ed il declino di culture e di imperi, la trasmissione reciproca dei loro prodotti, i conflitti sorti per il loro controllo, l’evoluzione dei commerci.

Tutto ciò ha contribuito a dare vita ad un’immensa produzione storiografica, destinata a perpetuarsi, poiché l’area di cui si parla appare contrassegnata da un’incessante vitalità, nel bene e nel male, così come da una persistente tensione, sempre foriera di sviluppi che possono condurre ad esiti, spesso, inaspettati.

Migrazioni albanesi

Qualora si pensi alle vicende che, in tempi recenti, hanno interessato l’Adriatico come mare che divide Italia e Balcani, non si può certo dimenticare il primo, grande flusso migratorio che ha interessato l’Italia stessa dalla fine del secondo conflitto mondiale, ossia quello proveniente da un’Albania che si trovava ad affrontare la difficilissima fase di transizione conseguente alla caduta del regime governativo instauratosi nel Dopoguerra, e che ha visto il ruolo preponderante di Enver Hoxha, fautore di una peculiare chiusura internazionale nel medesimo ambito del socialismo reale.

Tuttavia, oggi si può parlare di prospettive adriatiche sotto altri aspetti, sicuramente di minore tragicità ma di estensione assolutamente più ampia, così come d’importanza, in prospettiva, capitale.

Come in epoca antica, si torna a parlare di lunghe direttrici commerciali. Questa volta, però, l’iniziativa è stata assunta dalla Repubblica Popolare Cinese, che attraverso l’iniziativa strategica nota come “Nuova via della seta” ha inteso dare vita ad una complessa struttura volta a migliorare i suoi collegamenti commerciali con diverse aree del pianeta, tra cui quella mediterranea.

Pechino si sta muovendo, da tempo, con sostanziosi investimenti, condotti dalle sue banche d’affari, in Paesi che, all’interno dell’area di cui parliamo, appaiono segnati da un forte ritardo commerciale ed infrastrutturale, come Serbia e Grecia. 

Tutto questo non potrà che sortire effetti sensibili anche in senso politico, provvedendo a determinare una forte sfera d’influenza in territori che si collocano geograficamente, storicamente e culturalmente all’interno della storia europea. Territori che, peraltro, e si torna al concetto principale su cui verte quanto si osserva, sono a loro volta in stretto rapporto con l’Italia, la cui posizione strategica prescinde da vicende contingenti, per quanto essa continui a faticare, soprattutto nella fase apertasi con la caduta del Muro di Berlino, a prenderne atto.

Adriatico giallo

Il colossale progetto elaborato e portato avanti dalla Cina può e dev’essere l’occasione per riflettere sui percorsi entro cui il rapporto tra Italia e Balcani può delinearsi e proseguire nel futuro. Un futuro che trova nel concetto di interdipendenza una delle sue basi, irrinunciabili e – diremmo – irreversibili.

A questo riguardo, è da notare come, nel corso di un ventennio, l’Europa non avesse lesinato sforzi, sotto l’aspetto dell’ideazione, diretti a conferire una rinnovata importanza alle vie di comunicazione marittima, la cui fondamentale importanza non appare sminuita dalla concorrenza di altre modalità logistiche.

Tuttavia, i progetti che trovarono forma nei cosiddetti “Corridoi comunitari” e nelle “Autostrade del mare” non hanno goduto del dovuto impegno in ordine alla loro applicazione concreta. I dati statistici, in tal senso, non appaiono certo soddisfacenti.

Per quanto sia notevolmente difficile operare previsioni circa l’assetto che, qualora l’iniziativa cinese dovesse trovare una definita concretizzazione, venisse ad assumere l’intera area mediterranea degli scambi, non si può certo tacere che si è oggettivamente di fronte ad una sfida di dimensioni epocali, che non può essere affrontata se non all’interno di una rinnovata consapevolezza dell’importanza che la dimensione sovranazionale, o macroregionale, riveste nello scacchiere globale.

L’impressione è quella che tale sfida richieda, oltre allo sforzo di creare una solida unità d’intenti tra i protagonisti europei, anche quello di pervenire ad una più omogenea configurazione delle strutture giuridiche attraverso le quali si possa agire con profitto nella competizione che si è aperta. 

Come, con acuta capacità predittiva, osservava Natalino Irti in un’opera quale “Nichilismo giuridico”, questo secolo è sempre più quello dei confini mobili del diritto stesso, della creazione di sempre nuovi strumenti che consentano di rapportarsi alla costante velocizzazione dei progetti e delle transazioni. Sostanzialmente, lo scenario che si è delineato ricorda quello che, nel tardo Medioevo, di fronte all’espansione dei processi commerciali tra l’Europa ed il resto del mondo allora conosciuto, vide la necessità della creazione di una nuova “Lex mercatoria”, ossia di un complesso normativo ed operativo che non appesantisse, come il diritto comune di matrice romana, gli scambi, ma li rendesse più agevoli.

Occorre, tuttavia, segnalare anche i rischi che tutto ciò può presentare.

Un’area dimenticata

Nessun cambiamento, nessun sconvolgimento di situazioni consolidate, per quanto lento ed imponente esso possa essere, è indolore. È incontestabile che l’avvento della rivoluzione tecnologica, se da un lato ha reso possibile un insieme di operazioni prima impensabile, abbia modificato radicalmente, e come punto di non ritorno, ciò che siamo. L’ottica con cui osserviamo la realtà non è più la stessa. Con questo, si trova necessariamente a cambiare anche la considerazione che noi, e le società entro le quali ci troviamo, possiamo nutrire di un patrimonio non certo meno importante di quello che viene ad essere determinato dall’incremento degli scambi: il patrimonio culturale.

Questo patrimonio appare sempre più distinto, separato; si ha perfino il timore che esso possa divenire sterile. Parlando del rapporto tra Italia e Balcani, è difficile non pensare a quanto esso abbia segnato, come pure altri, le fasi di un cammino che ha attraversato Roma e Bisanzio, intese come simbolo, ciascuna, di due differenti aspetti di una medesima identità, sino a giungere a quella Prima Guerra Mondiale che ha costituito la più profonda cesura tra il passato, per quanto già moderno, e la contemporaneità.

A tal riguardo, si pone drammaticamente un’altra esigenza di riflessione, che può, del resto, tradursi in un’amara constatazione: l’Europa, nel corso di lunghi anni, sembra essersi dimenticata di tutta un’area tanto importante. Già lo fece, potremmo notare, in occasione del conflitto che insanguinò la Ex Jugoslavia; tuttavia, ora, si avverte il senso profondo di uno scollamento che appare del tutto ingiustificato, ed a cui è necessario porre rimedio, soprattutto perché quelle regioni appaiono determinanti anche per quanto riguarda il contenimento di flussi migratori ben più intensi di quelli, riguardanti anzitutto il Canale di Otranto, dei quali si è prima scritto.

Tratto da “Polaris – la rivista n.22 – POPOLI SOVRANI” – acquista qui la tua copia

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