Relazioni Internazionali

MARE EORUM – L’Italia nel suo spazio vitale

Reti di trasporto, telecomunicazioni, sviluppo dei porti, energia, collaborazione tra le PMI, valorizzazione dell’immenso patrimonio artistico e culturale della regione: innumerevoli sono le possibilità di cooperazione e di sviluppo con i Paesi di un’area che va dal Marocco all’Iran, passando dalla Turchia e dal Golfo, e che è considerata il quarto mercato emergente.

Se si tratta di una scelta obbligata per l’Europa, ancora di più lo è per l’Italia, portaerei inaffondabile al centro del Mediterraneo, legata ai Paesi della sponda Sud ed Est di questo mare da relazioni antichissime.

di Paolo AvitabileEsperto in relazioni internazionali

Il 150° anniversario dell’unità d’Italia cade nel mezzo di una congiuntura internazionale complessa, quando non si sono ancora esauriti gli effetti di una gravissima crisi finanziaria ed economica che ha messo a nudo squilibri accumulatisi nell’arco di oltre un decennio e rivelato cambiamenti non transitori degli assetti globali. 

Uno degli effetti più visibili di queste trasformazioni è il progressivo coagularsi di macroaree, più o meno integrate, attorno alle principali potenze economiche emergenti – Cina, India, Brasile – con il corollario di una crescente assertività politica di questi Paesi e di quelli che si riconoscono nelle loro posizioni e nella loro guida. 

Non siamo di fronte ad aggiustamenti episodici, ma a cambiamenti strutturali di portata globale. Questa situazione impone dunque una riflessione sul ruolo e sulle potenzialità dell’Italia in un mondo multipolare; ci obbliga a pensare in termini strategici: come Italiani, ma anche come Europei. 

In questa ottica, è in primo luogo nel nostro quartiere che occorre guardare per cercare un punto di riferimento, in quel Mediterraneo nel quale da quasi tremila anni si giocano i destini dell’Italia. Il bacino del Mediterraneo costituisce il complemento naturale di un’Europa che si è rivelata fragile, debole, incapace di confrontarsi con i vecchi e nuovi protagonisti della competizione internazionale.

Dall’abbinamento delle capacità, delle conoscenze, delle energie e delle risorse dell’Europa a quelle, largamente complementari, dei Paesi dell’area, nonché dalla creazione di un unico spazio economico e sociale euro-mediterraneo dipendono la capacità dell’Europa di competere ad armi pari con le altre macroaree in via di formazione.

L’Europa è un’economia matura, con trend demografici decrescenti. L’integrazione con i Paesi del Mediterraneo-Mediterraneo allargato, che presentano dinamiche di crescita economica e demografica opposte, non corrisponde ad un’ardita intuizione di politica estera, buona per dibattiti accademici, ma ad una precisa esigenza del nostro continente. 

Reti di trasporto, telecomunicazioni, sviluppo dei porti, energia, collaborazione tra le PMI, valorizzazione dell’immenso patrimonio artistico e culturale della regione: innumerevoli sono le possibilità di cooperazione e di sviluppo con i Paesi di un’area che va dal Marocco all’Iran, passando dalla Turchia e dal Golfo, e che è considerata il quarto mercato emergente.

Se si tratta di una scelta obbligata per l’Europa, ancora di più lo è per l’Italia, portaerei inaffondabile al centro del Mediterraneo, legata ai Paesi della sponda Sud ed Est di questo mare da relazioni antichissime. La comune appartenenza alla dimensione mediterranea ha dato luogo ad una millenaria simbiosi culturale, ad un’eredità comune fatta di momenti di conflitto, certo, ma anche di collaborazione. 

Ancora oggi, i nostri legami con l’Egitto e la Turchia, con l’Algeria, la Tunisia e la Libia, con i Balcani, sono assolutamente privilegiati, sia sotto il profilo politico che economico. L’Italia è interlocutore naturale del mondo arabo, anche se questo rapporto soffre, negli ultimi tempi, di un parziale offuscamento a causa del supporto incondizionato – privo, peraltro, di contropartite – che l’Italia offre ad Israele. 

In una visione strategica, dunque, due sono le direttive verso cui indirizzarsi. 

La prima è quella che mira a collocare saldamente – pur nel quadro di una politica estera a 360° – il Mediterraneo tra le nostre priorità e, conseguentemente, ad aumentare gli sforzi per rafforzare i legami politici, culturali ed economici con i nostri vicini. Fra l’altro questo consentirebbe una più ragionevole gestione del fenomeno migratorio, fenomeno storico che è illusorio pensare di arrestare del tutto ma che può, per l’appunto, essere gestito d’intesa con gli Stati rivieraschi. 

La seconda direttrice è quella volta invece a operare, nel quadro europeo, per indirizzare l’Unione verso una decisa e soprattutto efficace politica mediterranea, per farne finalmente un interlocutore credibile nei confronti di Paesi e popoli che guardano all’Europa con crescente e giustificato scetticismo. 

I tentativi fatti finora non hanno avuto esito positivo: il cosiddetto processo di Barcellona è fallito senza produrre risultati; l’Unione per il Mediterraneo, varata con proclami di gallica arroganza dal Presidente Sarkozy, non riesce a decollare, paralizzata dallo scarso interesse dei Paesi nordici, dalle piccole rivalità di Francia, Spagna e Italia e soprattutto dai problemi politici legati al conflitto israelo-palestinese, la vera palla al piede di qualunque progetto di cooperazione nel Mediterraneo. L’imperativo, tuttavia, è ora tanto più urgente alla luce dei profondi mutamenti in atto nei Paesi arabi, dove le sollevazioni popolari contro le cleptocrazie al potere stanno sconvolgendo equilibri consolidati e dove è fortemente presente il rischio dell’affermarsi di regimi fortemente anti-occidentali.

Resta da vedere se questa Europa sarà all’altezza. La nostra è un’Europa imbelle, prona ai desiderata americani, priva di autorevolezza, la cui politica estera si riduce ad una vuota quanto ipocrita retorica sui diritti umani. Un’Europa impegnata a salvare l’Euro facendo pagare ai suoi cittadini l’avidità e il delirio di onnipotenza delle banche, che si preoccupa del diametro dei fagiolini ma trascura o mortifica le proprie tradizioni in nome di un materialismo di maniera e di un insulso relativismo culturale. Un’Europa, insomma, apparentemente incapace di concepire e portare avanti progetti di ampio respiro in grado di renderla di nuovo attore nell’arena internazionale, come la sua storia e il suo potenziale impongono. 

Starà anche all’Italia, quindi, contrapporre un’alternativa alla dominante visione di un’Europa finanziarizzata, monetarizzata, che guarda al di là dell’Atlantico in cerca di vani riconoscimenti: un’Europa politicamente autorevole, culturalmente consapevole ed economicamente integrata con i Paesi che si affacciano sul nostro mare, quel Mediterraneo “saggio e impassibile” che dovrebbe vederci protagonisti e non sudditi.

Tratto da “Polaris – la rivista n.5 – RESETTARE L’ITALIA” – acquista qui la tua copia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Language