Diritto

LA GRANDE INCOMPIUTA – L’Europa, Carl Schmitt e il nichilismo giuridico

Tramontato il vecchio Nomos, non si può pensare di affrontare la nuova sfida epocale con gli strumenti e la mentalità del passato. È possibile andare “oltre la linea” del nichilismo europeo solo decidendosi per un nuovo Nomos. 

L’Europa, travolta da due guerre mondiali e da una lotta bipolare per il dominio monopolistico della Terra, si trova oggi in una condizione d’indecisione tragicamente simile a quella dell’Amleto shakespeariano: Essere o non-Essere?

di Francesco BocoLaureato in filosofia

Il diritto internazionale europeo di cui tratta Carl Schmitt nella sua opera fondamentale Il Nomos della Terra si dissolve quando tenta di universalizzarsi per divenire un diritto non strettamente intra-europeo, ma valido nei rapporti con le altre potenze extraeuropee. Nello specifico, con la conferenza sul Congo del 1894-95 e, in modo più determinante, con la Prima Guerra Mondiale, emerge chiaramente la potenza statunitense, l’emisfero occidentale, imponendosi sullo scacchiere internazionale.

Se prima lo Jus Publicum Europaeum era stato un diritto valido soltanto tra Stati territoriali sovrani riconosciuti, quindi valevole solo all’interno della “famiglia europea”, ora cadeva la sua struttura di ordine concreto (Nomos) proprio nel tentativo di superare i confini entro i quali in precedenza trovava la sua solidità concreta. Una ex-colonia, che in passato non si sarebbe vista riconoscere lo status di Stato sovrano, ora imponeva il suo gioco presso la Società delle Nazioni e il consesso delle potenze mondiali. Questo rappresentò il primo e il più importante colpo vibrato contro il Nomos della Terra venutosi a creare all’indomani delle scoperte dei secoli XV e XVI e contro il diritto fondato su un tale equilibrio globale. Crollato lo Jus Publicum Europaeum veniva meno anche il suo risultato più importante: l’abolizione della guerra d’annientamento, atto che veniva invece giustificato dalla discriminazione e dalla condanna morale del nemico. 

Da qui prende avvio, politicamente, quel processo di svalutazione dei valori che da Nietzsche in poi ha preso il nome di nichilismo europeo. Il cattolico Schmitt si distanzia dall’interpretazione storica nietzscheana e il suo è uno studio specificamente politico ed in quanto tale individua le cause politiche della neutralizzazione che ha reso il mondo una tabula rasa, uno spazio liscio dominato dalla tecnica incontrollata. «Insomma, il nichilismo moderno si compie e si rivela quando, rimossa la percezione delle differenze, il Nomos – che è appunto differenza – si fa “legge”, cioè uguaglianza; la fine dello Jus Publicum Europaeum è una deterritorializzazione che è perdita del Nomos in quanto orientamento, non di radici; è l’Europa che si fa Occidente, che diviene davvero terra del tramonto, che si perde – perdendo, con se stessa, anche tutta la terra – nell’utopia realizzata del compimento informe della modernità». 

Secondo Carl Schmitt il periodo di maggior splendore giuridico e politico della civiltà europea si colloca tra i secoli XVI e XIX, ciò significa che secondo lui i quasi quattro secoli in cui lo Jus Publicum Europaeum seppe regolamentare i rapporti internazionali tra Stati sovrani e non, rappresentarono il periodo storico più prospero, felice e fiorente della storia europea. Da pensatore convintamene europeo Schmitt esalta questi secoli durante i quali la civiltà europea diede la sua misura al mondo, durante i quali la centralità dell’Europa, della sua cultura e della sua potenza dominarono indiscusse sulla Terra. Ma l’Europa col finire del secolo XIX e l’inizio del XX da centro del mondo divenne periferia perdendo il suo prestigio, la sua importanza, il suo ruolo. L’equilibrio concepito dalla civiltà europea era pluralistico e fondato sulla differenza, sulla distinzione che significa reciproco riconoscimento, contrapposizione messa-in-forma e regolata secondo giustizia. Trattandosi di un ordinamento di natura umana esso è soggetto a consunzione, non si tratta di un qualcosa di perenne, ma appartiene anch’esso alla storia, al divenire. 

Schmitt lo sapeva bene e non rimpiange il passato ma lo studia e lo osserva per interrogarsi sul futuro e ciò che ci lascia sono interrogativi che vengono ampiamente articolati anche da Heidegger, Jünger e altri . Lontano da visioni apocalittiche o da “fughe all’indietro”, Schmitt a questo punto ritiene sia venuto il momento di porre il problema della necessità di un Nuovo Nomos, di un nuovo ordinamento: ma si tratta di un problema strettamente legato ad una decisione di portata globale, una decisione che il giurista si aspetta venga dall’Europa. Schmitt sostiene che la dissoluzione dell’ordinamento concreto nell’universale-generale rappresentò a sua volta la distruzione dell’ordine globale esistente sino a quel momento. Al tramonto dello Jus Publicum Europaeum tuttavia non seguì il sorgere di un nuovo ordinamento, l’apertura universalistica degli Stati partecipanti alla comunità internazionale non si mostrò in grado di costruire un nuovo ordinamento: «al tramontare del Jus Publicum Europaeum non corrisponde il sorgere di un nuovo ordinamento, bensì uno stato di confusione».

L’ordinamento concreto è un taglio, una de-cisione, che pone fine ad una situazione di disordine attraverso una messa-in-forma concreta secondo la combinazione Ordnung-Ortung (ordinamento-localizzazione). Entra in gioco, nel momento in cui si pone il problema di un nuovo Nomos, la decisione e la sua capacità storica di porre un freno al caos e di ordinare il globo secondo un nuovo equilibrio. Scrive Jünger: «Il grande incontro, l’equilibrio, si rinnovano periodicamente come quelli del principio maschile e di quello femminile».  In ottica schmittiana il “grande incontro” tra Oriente e Occidente di cui parla Jünger si traduce nella contrapposizione planetaria tra terra e mare. Ecco dunque che l’equilibrio si rinnova periodicamente ma la soluzione, la response storica, è secondo Schmitt valida una sola volta. Ciò significa che, tramontato il vecchio Nomos, non si può pensare di affrontare la nuova sfida epocale con gli strumenti e la mentalità del passato. È possibile andare “oltre la linea” del nichilismo europeo solo decidendosi per un nuovo Nomos

La diffusione totale della tecnica significò la neutralizzazione di ogni ambito della vita rendendo ogni aspetto della vita impiegabile dal lavoro, tecnicamente sfruttabile. A livello politico la tecnica – affiancata e mossa da una visione del mondo aerea, propria della potenza statunitense – produsse a livello globale una spoliticizzazione totale, la distruzione dello Jus fino a quel momento valido e, al contempo, la determinante e tragica incapacità di dare vita a un nuovo equilibrio concreto, a un nuovo Nomos della Terra. 

Il Nomos – l’ordinamento concreto creatore di equilibrio globale – è secondo Schmitt un Ur-Akt, un atto originario sovrano rivestito del valore di Arché, di Principio. Questo significa che, dissoltosi l’antico Nomos, soltanto una de-cisione di un tipo nuovo e adeguato alle condizioni storico-concrete epocali potrà dare risposta alla sfida dell’era postmoderna. L’Europa, travolta da due guerre mondiali e da una lotta bipolare per il dominio monopolistico della Terra, si trova oggi in una condizione d’indecisione tragicamente simile a quella dell’Amleto shakespeariano: Essere o non-Essere? È questa una response con un qualche futuro davanti a sé, o altre decisioni, diverse risposte, potranno costituire una solida e concreta soluzione alle questioni poste? 

Gli USA assunsero volontariamente (decisero) l’appellativo di “Occidente” come massima legittimazione morale nella loro lotta globale per il predominio, richiamandosi all’eredità europea a loro più utile, assumendo i caratteri a loro avviso più efficaci al loro imporsi sulla decaduta Europa continentale; nel contempo l’Europa non comprese la minaccia che andava profilandosi proprio nell’appellativo di “emisfero occidentale”. Oggi l’Occidente americano affronta una fase d’incertezza e crisi, mentre potenze extraeuropee si affacciano con sempre maggiore insistenza sulla scena internazionale lottando per garantire la propria libertà, la propria potenza e il proprio prestigio. Da un lato la situazione odierna conferma le previsioni schmittiane di un mondo avviato a una situazione multipolare, dall’altro, l’Europa non sembra muoversi nella direzione di una decisione equilibratrice.

Tratto da “Polaris – la rivista n.4 – GABBIE GLOBALI” – acquista qui la tua copia

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