Editoriale

Multiallineamento e dis-unione. La strategia indiana per contenere il blocco russo-statunitense

Svariate le strategie elaborate per contenere il solito macroblocco della Guerra Fredda. Scissione, unità, dis-unione. Ecco come Nuova Delhi cerca di capitalizzare coi cinesi, in gran silenzio.

Narendra Damodardas Modi, il premier indiano, è colui che, oltre a Erdogan e a Blinken, ha capitalizzato maggiormente la crisi internazionale afro-ucraìna. La sua strategia di “multiallineamento” ha permesso a Nuova Delhi di svolgere un ruolo chiave nella logica di “scissione e unità” del sistema mondiale.

L’India ha come principali partners per l’armamento sia Russia che Stati Uniti. Assicurando una garanzia in rupie per il rublo quando la Cina aveva voltato le spalle a Mosca, e ampliando in cambio l’acquisto di diamanti, Modi si è infilato nelle faglie tra Putin e Xi, non lesinando però pubblici rimproveri al Cremlino per l’invasione dell’Ucraìna.

Il Presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, a Nuova Delhi, nel marzo 2023, ha ribadito il ruolo chiave del governo indiano nella risoluzione del conflitto ucraino. Autore: STR | Ringraziamenti: EPA
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Al contempo ha favorito le relazioni con l’Europa: lo scorso maggio si è tenuto a Bruxelles il primo Consiglio UE-India per il commercio e la tecnologia. Due sono gli avversari di Modi: Pechino e l’eccesso di burocrazia e di localismo.

Il contenzioso tra Cina e India, che sfociò nella guerra del 1962, non si è mai sopito. La Cina sostiene militarmente i ribelli del Cashmere e le minoranze islamiche in lotta con gli induisti.

È stabilmente alleata del Pakistan. Per contenere Nuova Delhi, Pechino ha costituito una cintura di alleanze con Cambogia, Bangladesh, Maldive e Sri Lanka. Il cerchio si allarga nell’Oceano Indiano con le Seychelles e le Mauritius, per spingersi poi all’Iran all’Arabia Saudita.

I BRICS si dimostrano palesemente non come un blocco ma come un luogo di concertazione tra players che sono spesso acerrimi rivali tra di loro.

Modi ha risposto con la propensione al QUAD (alleanza a quattro tra India, Giappone, Australia e Stati Uniti) e con l’ottenimento di porti militari in Oman, Singapore e Indonesia, con proiezione nel Golfo di Malacca.

Vista la crisi finanziaria ed economica con cui si trova alle prese la Cina, in questo momento l’India è forse la massima protagonista del gioco mondiale. Ma esistono problemi interni determinati dalla struttura stessa della nazione più popolata del mondo. Un federalismo molto particolare, fatto di Stati e Territori, gestisce le enormi differenze sociali, economiche, tecnologiche e di sviluppo.

Il partito di maggioranza, il BJP, non ha che 94 seggi su 245 nella Camera Alta e ogni cosa si gioca con accordi, schermaglie e giochi di corridoio. Si consideri che i partiti sono circa 2.600.

Simbolo del Bjp, Fondato nel 1980, è il maggior partito conservatore del Paese, fautore di una politica nazionalista e di difesa dell’identità induista

La necessità di dotare l’India dei mezzi necessari a svolgere un ruolo di potenza si scontrano con gli interessi e i privilegi particolari delle singole regioni. Dallo Stato del Kerala, Modi ha lanciato l’idea di una riforma per realizzare un “federalismo competitivo”. Il suo ambizioso intento è di costituire un’alleanza tra il Centro e quello Stato, che è il più industrializzato del Meridione, per imporre dei sostanziali cambiamenti al federalismo burocratico-atomistico, un progetto che l’opposizione ha già tacciato di autoritaristico e che i potentati locali temono.

Sarà molto più difficile per Modi non perdere la battaglia con i particolarismi egoistici che non quella con Pechino.

L’India non è esente dai problemi che, in diversa forma, affliggono tutti, oggi alle prese con le nuove realtà tecnologiche, energetiche, demografiche, geopolitiche e finanziarie. Per farvi fronte si deve accelerare un processo di trasformazione radicale, ma farlo significa sconvolgere gli equilibri interni acquisti e non essere più schiavi degli impacci burocratici e del boicottaggio delle minoranze.

Questo vale, in misura e forma diversa, anche per la Cina, gli Stati Uniti, l’Unione Europea e, da tempo immemore, nel nostro piccolo anche per l‘Italia.

Chi vi riuscirà per primo avrà accumulato un vantaggio difficile da colmare.

di Gabriele Adinolfi

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