Editoriale

Europa sotto assedio, ma nel paese dei ciechi anche il guercio è re

Il multiallineamento come croce e delizia epistemologica. India e Iran sugli scudi, ma molti europei non ne carpiscono il potenziale finendo finanche col confonderlo. Ma esiste l’amore finché dura e la città finché non crolla…

È appena andata in onda la versione restaurata de Il Gattopardo. “Bisogna che tutto cambi affinché tutto resti com’era prima”. Calza a pennello con la ristrutturazione attuale, in cui le carte vengono redistribuite in un mondo interrelato nel quale tutti si sforzano di essere multiallineati.

Aveva preteso troppo l’Europa provandosi a cogliere la ristrutturazione globale per capitalizzare la sua dimensione economica e diplomatica e per rilanciare la propria industria per le nuove sfide tecnologiche. Come abbiamo ricordato in questa sede, dal 2016 ad oggi la guerra all’Europa va avanti senza soluzione di continuità.

Per il resto si assiste a giochi incrociati e ambigui tra i players intermedi, destinati a occupare spazi e fonti energetiche per impedire che noi si sia il terzo incomodo tra cinesi e americani. Qualunque sia lo scenario in cui ci si concentra, se si guarda da un altra veduta si scopre che chi è alleato qui è avversario lì, infinitamente.

Non si tratta solo dell’India che ha fatto del multiallineamento una dottrina e si barcamena tra Cina, Russia e Stati Uniti, con i quali ha accordi strategico-militari avanzati.

Prodromi di decostruzionismo europeo. Così è, pure se non vi pare

Riguarda turchi e iraniani che hanno relazioni molto differenti con i russi ma che, pur armandoli (i primi) e avendo con essi accordi diplomatici pur armando Kiev (i secondi), si ritrovano alleati nello stritolare l’Armenia scaricata da Mosca e in conflitto tra loro nella lottizzazione siriana.

Non va molto differentemente in Africa, dove i Russi stanno mettendo a grave rischio l’intera Europa. Se la retorica africanista di razzismo antibianco la fa da padrona al Cremlino e dintorni, nel Continente Nero esso perde paradossalmente di appeal. Il summit Russia-Africa del 2023 ha visto la partecipazione di 15 Stati africani, contro i 45 dell’anno precedente.

Il BRICS poi è un caso lampante di interrelazione e di ambiguità. Composto in gran misura da paesi del Commonwealth o da governi che hanno rapporti commerciali, economici e strategici con Washington, viene dipinto come un sistema alternativo che condurrebbe alla “dedollarizzazione”. Joseph Sullivan, storico economista della Casa Bianca, ha affermato su Foreign Policy: “Una moneta dei BRICS converrebbe agli Stati Uniti, il cui ruolo monetario globale va a scapito dei posti di lavoro e della competitività americani; non sarebbe una detronizzazione del Dollaro”. Niente di sorprendente, quindi, che la candidatura dell’Etiopia all’area BRICS abbia ottenuto la garanzia americana.

Tutto cambia, in superficie, perché nulla cambi. I perdenti della globalizzazione si arroccano sul populismo liberista, ma sono guaiti alla luna. Rimpiazzato il bolsonarismo in Brasile per garantire che il programma non venga frenato da dubbi e interessi locali, esso si è riversato prepotentemente nel paese storicamente rivale, l’Argentina.

Questo bolsonarismo della Pampa è la negazione della tradizione socioeconomica peronista e del suo tercerismo. È il risultato di una particolare intelligenza di massa, un’intelligenza animale comparabile a quella degli insetti, che spinge a tentare di mettere freno le minacce alle condizioni di vita, mobilitazioni che solitamente hanno vita breve perché non si accompagnano a programmi che non siano la copia impossibile di modelli di altrove e di altri tempi.

Un’intelligenza animale che si manifesta anche nel fermare la mano prima del voto laddove, pur detestando il governo, gli oppositori sanno istintivamente che rovesciarlo sarebbe peggio.

È quanto è accaduto in Spagna quando, a pochi mesi dall’onda di destra che aveva umiliato il governo, la gran parte dei votanti non ha avuto voglia di recarsi alle urne alle politiche anticipate che avrebbero sotterrato Sanchez. A parti invertite, ciò accade anche in Italia dove la base votante di sinistra continua a disertare il voto con sorpresae disappunto della Schlein.

L’intelligenza animale ha fatto intuire perfettamente che alternative ce ne sono sicuramente ma non di questo genere: esse partono dalla qualifica di nuove élites.

di Gabriele Adinolfi

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