Editoriali

EDITORIALE POLARIS n.21 – L’Italia delle trincee

Con lo spirito futurista e ardito l’Italia si rigenerò e divenne per un attimo padrona del proprio destino.

Intanto il medesimo tipo umano si era formato e selezionato ovunque, sotto quelle tempeste d’acciaio in cui Ernst Jünger colse sensibilmente, tangibilmente, il metafisico e l’eroico nell’impersonale.

Cent’anni fa nasceva l’Italia. Fu mezzo secolo dopo l’unificazione, nell’immane sacrificio di sangue versato sulle trincee, che essa si riconobbe veramente. Si era scoperta fiera e decisa all’indomani di Caporetto. Come osserva l’ardito Mario Carli, ritrovò il suo spirito guascone, generoso, allegro, meridionale, nella realizzazione dell’aristocrazia guerriera: gli Arditi d’Italia. 

Con lo spirito futurista e ardito l’Italia si rigenerò e divenne per un attimo padrona del proprio destino. Intanto il medesimo tipo umano si era formato e selezionato ovunque, sotto quelle tempeste d’acciaio in cui Ernst Jünger colse sensibilmente, tangibilmente, il metafisico e l’eroico nell’impersonale. Il sangue versato, gli uni contro gli altri, ebbe un effetto magico, si mescolò e si riversò nel nazionalismo rivoluzionario che nel dopoguerra produsse l’internazionalismo dei nazionalismi, schierato contro i profittatori di tutte le retrovie.

Per queste ragioni i due modi opposti di celebrare Vittorio Veneto, quello del nazionalismo provinciale ed esclusivo, antitedesco, da una parte e quello pacifista, piagnone, miserabilista dall’altra, sono stonati e inautentici.

La Grande Guerra segnò tutta una serie di avvenimenti maggiori. La nascita di una Nazione, per quel che ci riguarda da vicino; la nascita del nazionalismo rivoluzionario in quasi tutta Europa; un genocidio, con oltre 17 milioni di morti tra militari e civili. Accanto a questa ecatombe si produsse quella determinata dall’influenza spagnola che solo nel nostro continente mieté oltre 20 milioni di vittime.

La prima grande guerra civile europea segnò l’inizio della fine della centralità strategica dell’Europa, che sarebbe poi venuta meno con la successiva grande guerra civile una trentina di anni più tardi. Le campagne svuotate, le donne al lavoro: usi, costumi, stile di vita e gastronomia di tutti i popoli vennero rivoluzionati. Si entrò di fatto nell’estrema modernità. Contro di essa si scatenò il primitivismo bolscevico, anch’esso frutto dello spirito di trincea, anche se orientato in senso opposto a quello ardito. I futurarditi invece l’interpretarono e le impressero una direzione avveniristica e feconda. Tutti questi temi, nessuno escluso, vanno ricordati quando si parla della Grande Guerra.

Quello che prevale è però un nuovo Stile che si collega alla percezione metafisica della vita e della morte, al risveglio dello spirito al cospetto della potenza.

di Gabriele Adinolfi

Tratto da “Polaris – la rivista n.21 – L’ITALIA DELLE TRINCEE” – acquista qui la tua copia

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