Riflessioni

L’EUROPA – Come idea, come spirito, come obiettivo politico

Ora dalla crisi greca, paradossalmente, potrebbe venire un beneficio alla causa europea.

L’Europa attuale non sarà la stessa che deteneva un tempo l’egemonia mondiale; ma non sarà neppure il cimitero di preziose memorie vagheggiato dai pensatori di Ginevra. l’Europa non è l’Occidente.

di Domenico CaccamoProfessore universitario di storia dell’America del nord presso l’Università “la Sapienza” di Roma, già professore di lingue e storia dell’Europa dell’est

Per la storia dell’idea di Europa – coscienza di uno sviluppo solidale fra le nazioni del continente nei rapporti di dipendenza personale, nelle forme di governo, nella ricerca di un equilibrio di potenza – lo studio più ampio ed organico resta, a mezzo secolo dalla pubblicazione, quello di Carlo Curcio.

Va riconosciuto ai due volumi di “Europa: storia di un’idea” il merito di aver fatto piazza pulita del mito romantico di una “repubblica Christiana”, premessa necessaria e modello per l’Europa attuale. E’ vero, invece, che la coscienza di una comunità di destino, imposta dalla situazione geopolitica e dalla difesa comune conto l’invadenza turca, suggerita dall’apertura del Nuovo Mondo all’espansione commerciale e alla colonizzazione, è maturata nella prima età moderna, quando gli intellettuali europei si misurarono in un doppio confronto, col barbaro dispotismo degli asiatici e con la semplice ignoranza degli indigeni. Maturò allora un complesso superiorità e, allo stesso tempo, una crisi della coscienza europea.

Più recente è il contributo di Paolo Rossi, concepito nel momento meno fortunato della vicenda politica europea, proprio all’indomani del referendum francese e olandese che segnarono il fallimento del progetto costituzionale messo a punto da Giscard d’Estaing.

Il saggio di Rossi è soprattutto una critica della sociologia comparativa di Max Weber. Mentre il sociologo tedesco aveva identificato i connotati della civiltà europea nel confronto con altri ambiti culturali (Russia, India, Cina), Rossi tende a smorzare i contrasti e ad assimilare certe forme di cultura europea alle corrispondenti extraeuropee. Non è vero che soltanto in Europa (Weber parla di Occidente, perché ingloba nell’Europa occidentale anche l’appendice nordamericana) sia nata la scienza
razionale fondata sull’esperimento. Non è vero che soltanto in Europa sia cresciuto un corpo di funzionari forniti di cultura giuridica. Non è vero che soltanto in Europa si riscontri il fenomeno del capitalismo razionale, volto alla ricerca non dell’arricchimento ma del successo.

In sostanza, Rossi respinge come un’invenzione l’idea di radici comuni europee, ebraico-cristiane oppure rinascimentali. Ripete più volte che il mondo europeo è plasmato dall’Illuminismo, dalla Rivoluzione americana e dalla Rivoluzione francese, che non è propriamente un soggetto storico, ma un progetto coniugato al futuro, che procede di pari passo con l’affermazione dei nuovi diritti, “genitorialità responsabile”, libera “esplicazione delle proprie tendenze sessuali”. Della tradizione valorizzata da tutta una storiografia sociologica (vita nobiliare di campagna e spirito europeo) si è persa ogni traccia.

Per l’Europa come “spirito”, pura sostanza intellettuale, si deve tornare indietro, alle raffinate conversazioni del cenacolo di intellettuali che s’incontrava a Ginevra nell’immediato dopoguerra. Denis de Rougemont guardava sconsolato alla condizione europea di “scissione e doppio tropismo”: una sezione del continente attratta dal mondo comunista dell’Est, l’altra con la stessa fede al mondo capitalista dell’Occidente. All’Europa sopravvissuta si riconosceva un solo campo di incontrastato dominio, quello della memoria del passato. Si respingeva con orrore l’ipotesi di un’Europa come “terzo blocco”, fra i due spazi imperiali già armati. Era prevista la scomparsa degli Stati nazionali, nell’attesa di una federazione universale.

Quanto all’Europa come organizzazione politica, le considerazioni più pertinenti sono il frutto di un dialogo franco-tedesco, particolarmente intenso negli anni 1994-2000. Il punto di vista tedesco si trova in due documenti di particolare impegno, “Riflessioni sulla politica europea 1 e 2”, 1994 e 1999, a firma di Karl Lamers e di Wolfgang Schäuble, rispettivamente portavoce per la politica estera e presidente del gruppo parlamentare dei partiti cristiano-democratico e cristiano-sociale. Le circostanze che stimolavano il dibattito erano la nuova condizione della Germania dopo la riunificazione e l’imminente allargamento dell’Unione Europea dopo la dissoluzione del blocco sovietico. Il principio fondamentale era il federalismo, tanto nei rapporti interni che nei rapporti internazionali.

E’ necessario, secondo i due autori, scongiurare il ritorno della Germania, dominante sul resto d’Europa per dimensioni demografiche ed economiche, a una situazione di centralità (la fatale “Mittellage”), che provocherebbe da parte tedesca la tentazione di una politica unilaterale di potenza, e da parte delle nazioni occidentali e orientali una reazione ugualmente distruttiva. Inoltre l’ingresso di un certo numero di nuovi Paesi nel quadro europeo pone all’Unione un problema di governabilità. E’ dunque necessario affidare la direzione del complesso federale a un “nucleo forte” costituito dalla Francia, dalla Germania e dai Paesi del Benelux. I due autori proponevano un direttorio ancora più ristretto, cioè un “nucleo interno al nucleo”, costituito da Francia e Germania, le due nazioni che hanno segnato nel bene e nella sventura il corso della storia e delle guerre europee.

La visione tedesca è stata accettata da Jacques Chirac in un discorso pronunciato a Berlino, al Bundestag, nel giugno 2000. Il presidente francese ha fatto sua l’esigenza di una Costituzione europea, assai più che una carta di diritti umani, e di un ordinamento federale, sia pure rispettoso delle identità nazionali. Ma da quel momento il discorso politico sull’Europa si è interrotto. I membri dell’Unione si sono divisi sulla partecipazione, o meno, alle imprese mediorientali concepite e condotte da George W. Bush. Poi i referendum francese e olandese hanno portato una sconfitta all’unificazione ed un successo all’ostruzionismo inglese.

Ora dalla crisi greca, paradossalmente, potrebbe venire un beneficio alla causa europea. Il ministro tedesco delle Finanze, lo stesso Schäuble autore delle riflessioni del 1994 e ’99, ha avanzato la proposta di un Fondo monetario europeo, capace di intervenire quando in futuro si ripetessero casi altrettanto sciagurati di quello occorso alla Grecia. L’istituzione di un Fondo europeo sarebbe il perfezionamento di uno spazio dell’Euro, fra quello del Dollaro e quello emergente del Rublo.

L’Europa attuale non sarà la stessa che deteneva un tempo l’egemonia mondiale; ma non sarà neppure il cimitero di preziose memorie vagheggiato dai pensatori di Ginevra.

L’Europa non è l’Occidente.

Per “Occidente” si intende un’associazione di Stati uniti insieme dal prestigio e dalla forza, cioè dal “potere intelligente”, degli Stati Uniti. Per “civiltà occidentale” s’intende un sistema di valori sorto nel mondo mediterraneo, trasmesso al Vecchio Continente, maturato nelle isole britanniche, giunto a compimento negli Stati Uniti. E’ una filosofia della storia e una concezione strategica, che vincolano agli Stati Uniti un complesso di Paesi bagnati dall’Atlantico, ieri per rispondere alla sfida sovietica, oggi per realizzare un programma di “nation building” nel mondo islamico.

In un contesto di rapporti globali che escludono qualsiasi forma di isolamento, l’Europa potrà essere un centro autonomo di vita economica e politica, capace di interagire con altre concentrazioni di potenza che prendono forma nell’Asia del Pacifico e nell’America latina, nell’Asia meridionale e nell’America del Nord.

Tramonta lo Stato nazione, ma non tramonta ogni forma di organizzazione del potere.

Non è questa l’epoca del villaggio globale, ma delle federazioni continentali. I soggetti del sistema internazionale non saranno gli Stati-nazione, ma i grandi spazi organizzati.

Tratto da “Polaris – la rivista n.2 – STRADE D’EUROPA” – acquista qui la tua copia

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