Ago Magnetico

L’EQUIVOCO “NEOCONSERVATORE”

Il conservatorismo di matrice anglosassone si è insinuato negli ambienti della destra italiana ed europea.

Ma questo “neoconservatorismo” nulla ha a che fare con la nostra Visione del Mondo.

Ed è bene uscire subito da ogni tipo di equivoco.

di Giuseppe Scalici

Si è recentemente svolta, dal 6 al 12 dello scorso dicembre, la “kermesse” di Atreju, consueto appuntamento di Fratelli d’Italia dall’evocativo titolo: “Il Natale dei Conservatori”. Tale iniziativa è stata preceduta da un incontro, non meno importante, attraverso la Fondazione Fare Futuro, su temi di politica internazionale, con alcuni think tank statunitensi, fra i quali primeggiava l’International Republican Institute, fondato nell’ormai lontano 1983 sotto gli auspici del presidente Reagan. L’IRI, ufficialmente autonomo rispetto al Partito Repubblicano USA, che sta vivendo qualche lacerazione al suo interno, esito della problematica stagione legata a Donald Trump, è molto attivo in un’opera di aggregazione di forze politiche europee da orientare in senso filoatlantico, nel nome di interessi presentati come comuni e legati al mondo “occidentale”, visto come alternativo all’idea di un’Europa Nazione finalmente libera e sovrana, oltre che alle politiche di Russia e Cina.

Un progetto atlantico

Il progetto che si sta preparando, e che dovrebbe vedere tra i suoi protagonisti proprio il citato partito di destra, prevede alcuni punti fermi. Ne indichiamo qualcuno:

  • l’uscita dalla strettoia “sovranista”, peraltro anch’essa filoatlantica e cavalcata da una certa politica americana che faceva riferimento all’ex consigliere presidenziale Steve Bannon, e l’attestazione del suo fallimento;
  • il riferimento a “valori tradizionali” da difendere, in forma aggiornata, rispetto all’anticomunismo viscerale dei tempi della guerra fredda;
  • il rafforzamento del Partito dei conservatori e riformisti europei (ECR) ora presieduto proprio da Giorgia Meloni, alternativo ed equidistante rispetto al Gruppo socialista democratico così come alle forze “identitarie” guidate da Matteo Salvini e da Marine Le Pen.

Alla presenza di nuovi avversari geopolitici, ivi compreso il radicalismo islamista, si scorge una riedizione dell’idea di primato occidentale, più che europeo. Un richiamo a quello che, in epoche passate, era definito “il mondo libero”: mondo dominato, lo constatiamo ogni giorno di più, dal capitalismo senescente e dalle sue logiche materialiste, individualistiche e liberiste, lontanissime da ogni riferimento d’ordine spirituale, verticale, gerarchico o comunitario, nel senso originario del termine.

Conservare: cosa e per conto di chi?

Da un punto di vista storico il conservatorismo nasce come reazione agli eccessi giacobini della Rivoluzione francese in nome dei tradizionali punti di riferimento riassumibili nel trinomio “Dio, patria, Famiglia”, come sostiene il filosofo Sir Roger Scruton (1944- 2020), grande oppositore dei movimenti legati alla ambigua stagione del ’68, autore di un testo molto citato, anche se, come pare, non altrettanto letto dall’attuale destra italiana: il Manifesto dei Conservatori. 

Più che di un “partito”, si tratta di uno spirito immanente in formazioni politiche diverse fra loro, presenti soprattutto, se non esclusivamente, nel mondo anglo-sassone. Alludiamo, in modo particolare, al Partito Repubblicano statunitense e ai Tories britannici. Entrambi i movimenti hanno conosciuto, nel corso della loro storia, trasformazioni e differenziazioni a seconda dei contesti in cui operarono ed operano. Tendenza pragmatica, dunque, non ideologica, tipica dell’anglosfera, potremmo aggiungere, “protestante”. Una costante, comunque, è facilmente riscontrabile: la proclamata naturale superiorità, sempre ribadita, del mondo “bianco” civilizzato, “evoluto” cristiano, rispetto ad ogni altra cultura e ad ogni altra Civiltà. Da ciò deriva il sostegno incondizionato all’imperialismo inglese, il noto “Rule Britannia”, alle politiche espansionistiche ed omologatrici statunitensi, e alle dinamiche liberiste. 

Dimensioni, dunque, oggettivamente lontane rispetto alla tradizione italiana ed europea. Da non confondere né col liberalismo autoritario italiano del primo Novecento, né col “Tradizionalismo” di matrice evoliana, né con altre tendenze quali, al tempo della Repubblica di Weimar, la Rivoluzione conservatrice che si batteva per il superamento delle strettoie del vacuo parlamentarismo e della decadenza della Germania sconfitta in guerra, in nome di un ritorno all’autentico spirito prussiano, visto come momento fondativo della Nazione tedesca.

Le Paludi della tristezza

Ma torniamo al Natale di Atreju. Un grandissimo successo, secondo gli organizzatori, accompagnato dal gradimento di altre forze politiche, che hanno compreso la mutazione, in senso democratico ed europeista, ancorché in modo equivoco, visti i forti contatti transatlantici, di FdI, alla ricerca di una leadership in Italia e non solo.

Mutazione accompagnata, come corollario, da nette prese di distanza rispetto al Fascismo storico e allo stesso Movimento Sociale, partito al cui interno ha militato la stessa leader, così come una parte della dirigenza. Peraltro, nulla di nuovo sotto il sole. Abbiamo già assistito alla auto-proclamazione di una destra “presentabile” e, finalmente, “sdoganata” con il Congresso di Fiuggi (1995), che diede vita ad Alleanza Nazionale. Il promotore, l’ex presidente Fini, come è noto, giunse ad equiparare, di fatto, l’esperienza fascista ai regimi liberticidi di segno ideologico opposto, al “male assoluto”, e a vedere nei partigiani non comunisti dei patrioti artefici del ritorno alla libertà, insieme alle forze angloamericane, una volta superato il nefasto ventennio.

Il filo conduttore di tutto il discorso di queste “destre moderne” appare dunque essere, come già si è detto, l’adesione piena al cosiddetto atlantismo e alle politiche egemonistiche degli Stati Uniti e dei loro alleati, in primis Regno Unito e Israele, così come alla tirannide del capitalismo finanziario e dei “poteri forti”. 

I monti di Aspen

Non è di secondaria importanza il fatto che Giorgia Meloni sia membro della filiale italiana dell’Istituto Aspen, portatore su scala globale di un’idea di primato statunitense e liberista, da supportare grazie alla creazione di leadership locali fedeli al progetto. Aspen-Italia annovera fra i propri aderenti, nomi illustri della politica sia di destra che di sinistra. Ne citiamo solo alcuni, a titolo d’esempio: Giulio Tremonti, che ne è il Presidente, Romano Prodi, Giorgio e Giulio Napolitano, Giuliano Amato, John Elkann, Mario Monti, Paolo Mieli, Antonio Martino, Roberto Maroni, gli attuali ministri del governo Draghi Daniele Franco e Giancarlo Giorgetti. 

Da ricordare, in questo contesto, e nell’accennato processo di ristrutturazione e innovazione, il recente viaggio di Giorgia Meloni negli Stati Uniti, ospite della prestigiosa Conservative political action conference.

Vengono meno così due caratteristiche dell’estrema destra, presenti storicamente soprattutto nelle organizzazioni giovanili: un’opposizione all’americanismo e alle sue politiche aggressive, così come la critica serrata alle ingerenze dei “poteri forti”, o del “deep state”, come si dice oggi, nella vita e nel destino dei popoli.

Di questi poteri, l’Aspen Institute, come si diceva, è voce importante. Del resto, non è da ieri che la Meloni, nonostante le sue saltuarie e contingenti prese di posizione dal sapore populista, sostenga politicamente scelte elitarie, tecnocratiche e funzionali a quei famosi “poteri” a parole condannati. Basti ricordare il voto di fiducia al governo Monti nel 2011 e, soprattutto, al famigerato “Decreto salva Italia” dell’anno successivo.

Non è questo il futuro

Abbiamo avuto modo di leggere, fra l’altro, il Manifesto di Nazione Futura, un pensatoio vicino a FdI che si autoproclama “casa dei conservatori”. Vi si riscontrano espressioni quanto meno banali, ovvie e superficiali.

Si parla, a titolo d’esempio, di “agire come cittadini consapevoli”; di sostenere una “cultura che sia in grado di insegnare e di trasmettere valori” quali debbano essere non è specificato; di auspicare una “giustizia giusta ed efficace e la certezza del diritto”; di “famiglia come perno della comunità” – senza definire che cosa intendano con quei termini, dato che il loro significato, in questa fase storica di dissoluzione non è da ritenersi univoco e scontato. Il Manifesto confonde, poi, l’espressione “Stato” con quella di “Società civile”, laddove si indica proprio come “Stato”, il luogo di una futura “partecipazione diffusa alla vita sociale e politica” e di una, sempre auspicata, “amministrazione efficiente che tuteli l’interesse nazionale e l’identità italiana in Europa e nel mondo”. Un errore che non commetterebbe neppure uno studente di Liceo.

Peraltro, tale Manifesto giovanile riprende in modo pedissequo, il già nebuloso e stringatissimo Programma, noto agli esperti come “Dichiarazione di Praga”, dei Conservatori e Riformisti, il cui fine dichiarato è di realizzare una Confederazione europea, organica, almeno così si sostiene, ad un rafforzamento dei singoli Stati.

Si tratta di una visione alternativa rispetto alla prospettiva federalista, volta a trasformare l’Unione europea in uno Stato in senso sovrano, per non poche ragioni auspicabile. Una semplice “confederazione” comporterebbe inevitabilmente, insieme ad una frammentazione ed indebolimento dell’insieme, una vittoria di quel neo-atlantismo cui si accennava, e quindi la riduzione dell’Europa a entità vassalla di Washington e di Londra. Non è casuale che i riferimenti extra unione europea dell’ECR siano partiti di destra quali il Repubblicano statunitense, il conservatore britannico, il Likud israeliano, e altre formazioni canadesi, brasiliane e australiane.

Il Nulla avanza

In conclusione, questi neoconservatori nostrani si ispirano ad Atreju, il ragazzino coprotagonista de La storia infinita di Michael Ende, in lotta contro le forze del “Nulla” per difendere il Regno di Fantàsia.

Non vorremmo essere riduttivi, ma siamo convinti che oggi il Nulla sia rappresentato proprio da questa destra impegnatissima a farsi riconoscere ed accettare dal politicamente corretto per raggiungere posizioni e rendite di governo, ma, soprattutto, di potere, rinnegando quotidianamente le proprie origini e la propria storia. Una destra conservatrice che annovera nel proprio pantheon personaggi quali Winston Churchill, Ronald Reagan, Bush padre e figlio, Margaret Thatcher, Boris Johnson, Jair Bolsonaro o, in ambito italiano, Indro Montanelli e Oriana Fallaci. Una “nuova destra” antifascista, erede di quegli ambienti che si misero al servizio del nemico durante e dopo gli anni più bui dell’ultima guerra e che hanno sempre sostenuto posizioni antinazionali ed antieuropee.

Insomma, questi conservatori, assolutamente privi di prospettive alte, privi di autentiche strategie, sono oggettivamente concordi con le formazioni della “sinistra” nel sostenere lo status quo, il sistema, come si diceva un tempo, affinché nulla cambi, se non qualche verbalismo di superficie.

Nulla a che fare con la nostra Visione del Mondo e con la nostra volontà di affermazione di ciò che è più profondo, di un Imperium, di un Mito capacitante.

È bene uscire da ogni tipo di equivoco e da ogni doppia verità.

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