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AFGHANISTAN E MINERALI: UNA DIFFICILE CACCIA AL TESORO

Nel sottosuolo afghano si cela un tesoro di minerali da un trilione di dollari che nessuno riesce a sfruttare.

Nemmeno Stati Uniti e Cina sembrano capaci di servirsi delle ricchezze della “tomba degli imperi”. Tantomeno i Talebani.

di Salvatore Recupero

La “tomba degli imperi” cela un immenso tesoro: litio, rame, terre rare, e metalli preziosi. Basterebbe estrarre una buona parte di queste risorse per dare una svolta significativa all’economia afghana. Eppure, da anni ci si limita ad esplorare senza saper monetizzare questa ricchezza. Difficile indicare un responsabile. Tante sono le cause che hanno prodotto questa situazione. Cominciamo quindi elencando i minerali che compongono questo “el dorado” asiatico.

Una grande ricchezza nascosta sottoterra

Nel 2010 il New York Times(1) (citando quanto reso noto dalle autorità degli Usa) ha svelato che il potenziale minerario del Paese va ben oltre quello di qualsiasi altra riserva nota al mondo. Lo stesso quotidiano, inoltre, ha poi citato un memorandum del Ministero della Difesa degli USA in cui si rivela che l’Afghanistan potrebbe diventare “l’Arabia Saudita del Litio”.

Cominciamo, così, la nostra carrellata partendo da questo prezioso metallo alcalino (2). L’agenzia del governo Usa United States Geological Survey (Usgs), ha scoperto che il potenziale dei giacimenti di litio sarebbe analogo a quello delle riserve presenti in Bolivia, (paese che ne dispone di più al mondo). A questi si aggiungono 1,4 milioni di tonnellate di un’altra tipologia di minerali, definiti Rare Earth Elements (REE), come il lantanio, cerio, neodimio. Le famose terre rare (3) essenziali nello sviluppo delle ultime tecnologie: sono utilizzati per i telefoni cellulari, per i televisori, per i motori ibridi, ma anche per la tecnologia a laser e le batterie. 

C’è anche l’oro. Come sottolinea Paolo Mauri (4) su InsideOver “In Afghanistan vi sono riserve aurifere per 2700 chilogrammi distribuiti in formazioni sedimentarie alluvionali nelle province di Takhar e Badakhshan e nella parte centro-meridionale dell’Afghanistan nel nord-est tra Kandahar e le province di Zabul e Ghanzi”. 

Ed infine, ultimo ma non ultimo, il rame: le stime parlano di 60 milioni di tonnellate. Un minerale preziosissimo, al contrario di ciò che si pensa. Quest’ultimo, infatti, è indispensabile per la produzione di cavi elettrici o per i pannelli solari. Negli scorsi mesi ha battuto il suo record storico sui mercati mondiali toccando la valutazione di 10mila dollari a tonnellata. Bisogna, però, fare qualche precisazione. 

Le criticità dell’industria estrattiva

Sempre Mauri sottolinea che: “L’estrazione del rame (in alcune località) richiederebbe centinaia di milioni di dollari in investimenti e anche significative risorse energetiche e infrastrutture di trasporto. Lo sviluppo minerario, dalla scoperta alla produzione, potrebbe richiedere fino a 10 o più anni. Quest’ultima affermazione ci aiuta a capire perché finora queste risorse sono state a dir poco sottoutilizzate. Nonostante la mole di materie prime, l’industria estrattiva vale il 20% dell’export afghano e solo il 2,9% del Pil. Purtroppo, senza investimenti pubblici in infrastrutture la situazione è destinata a rimanere tale. Nessuno, però è disposto a costruire delle arterie di collegamento per “pagare il pedaggio” a qualche gruppo di banditi.

Ma non è solo un problema di sicurezza. Ci sono anche fattori legati alla conformità del territorio e soprattutto alla presenza d’acqua. “L’oro blu” è indispensabile per mandare avanti qualsiasi attività estrattiva. La trasformazione e la raffinazione dei minerali sono attività energivore. Ma l’elettricità manca a causa dell’assenza di infrastrutture. Fatti due conti il costo dei minerali afghani lievita a dismisura.

Il prezzo da pagare per partecipare a questo caccia al tesoro era troppo caro anche per Washington. Questo è uno dei motivi che li ha spinti a fare i bagagli. Ora tutti si aspettano che saranno i cinesi ad arricchirsi grazie al sottosuolo afghano. Ma non sarà così semplice.

L’arrivo dei cinesi e la strategia del caos

La strategia di Pechino (investimenti infrastrutturali in cambio di licenze di sfruttamento) non è detto che funzioni con i talebani. È David Petraeus a spiegarci perché. Secondo l’ex comandante delle operazioni militari statunitensi in Afghanistan, se la Cina vorrà mettere le mani sul tesoro afghano avrà le stesse difficoltà degli americani. Non solo, Pechino “dispone già di grandi riserve di alcuni materiali presenti nel sottosuolo afghano. E i suoi investimenti tendono solitamente a orientarsi su stadi più alti della catena del valore, come quello della trasformazione e della raffinazione”.  Quindi, perché imbarcarsi in quest’avventura? Il discorso di Petraeus non fa una grinza e ci spiega che gli Usa hanno fatto un ottimo affare ad abbandonare Kabul. 

L’Afghanistan è un campo minato (in tutti i sensi) ed al contempo una polveriera. I paesi vicini pagheranno le conseguenze della destabilizzazione frutto di venti anni di occupazione statunitense. La “strategia del caos” ha funzionato a Kabul come in Medio Oriente. Con buona pace di chi ha creduto (e crede) che gli americani abbiano avviato l’operazione Enduring Freedom per combattere il terrorismo ed esportare la democrazia.

1. U.S. idenfies Vast Mineral Riches in Afghanistan. Di James Risen. 13 giugno 2010
https://www.nytimes.com/2010/06/14/world/asia/14minerals.html

2. Il litio prenderà il posto del petrolio? di Salvatore Recupero Polaris sito web 08 Aprile 2021 https://www.centrostudipolaris.eu/2021/04/08/il-litio-prendera-il-posto-del-petrolio/

3. Terre rare ma non troppo. In Europa il litio c’è di Salvatore Recupero Polaris sito web 13 Maggio 2021 https://www.centrostudipolaris.eu/2021/05/13/terre-rare-ma-non-troppo-in-europa-il-litio-ce/

4. Ecco le vere ricchezze dell’Afghanistan. Di Paolo Mauri InsiderOver 24 Agosto 2021 https://it.insideover.com/energia/litio-terre-rare-ma-non-solo-ecco-le-ricchezze-dellafghanistan.html

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