Ago Magnetico

LE GUERRE PASSANO L’OPPIO RESTA

La droga è una delle chiavi per comprendere 40 anni di guerra in Afghanistan.

Così il cimitero degli imperi è diventato l’eden dell’oppio.

di Salvatore Recupero

La presa di Kabul da parte dei talebani ha mostrato il vero volto dell’operazione Enduring Freedom (1). Ora, molti sono in pena per i diritti civili. Altri pensano al rafforzamento del fondamentalismo islamico. Non mancano, poi, quelli che temono che l’Afghanistan possa trasformarsi in una sorte di narcostato. Su questo ultimo punto, ci sarebbe da ridere se non fosse in ballo la vita di milioni di persone. Non c’era, infatti, bisogno dell’arrivo degli “studenti barbuti” per alimentare l’industria dell’eroina. Dal 2008 l’Afghanistan è il primo produttore mondiale di oppio (la metà del Pil afghano proviene da lì), anche con la presenza dei “liberatori”. Il narcostato, dunque, c’è già, e non da oggi.

La Mezza Luna d’oro

Facciamo un passo indietro per comprendere meglio ciò che è accaduto. Cominciamo col dire che la Mezzaluna d’oro è la regione asiatica con la maggior produzione di oppiacei al mondo. L’area include l’Afghanistan, l’Iran, il Pakistan e, in misura minore, l’India e il Nepal. In queste zone la produzione si sviluppò all’inizio degli anni cinquanta. Kabul all’inizio aveva un ruolo da comprimario: l’oppio prodotto finiva in Iran. Quando quest’ultimo ne vietò la coltivazione furono gli altri due stati – Pakistan e, appunto, Afghanistan – a raccogliere il testimone.

Nonostante la scarsità di terra coltivabile – pensiamo solo che la superficie coltivabile equivale a circa 7.9 milioni di ettari, pari al 12% della sua estensione complessiva – e la siccità abbiano reso difficile persino lo sviluppo dell’agricoltura di mera sussistenza, i papaveri però crescevano bene.

Ma non è solo per questo che Kabul (2) può vantare il suo primato in fatto di stupefacenti. Ci sono questioni storiche e politiche che non possono essere eluse.

Gli anni settanta e il ruolo della Cia

Nel 1979 l’Urss invade il paese asiatico. Gli Usa, che già con la Cia cercavano di alimentare l’opposizione nei confronti dell’ingombrante vicino, non rimasero a guardare. I servizi segreti americani supportarono la resistenza afghana fornendo armi e assistenza militare per circa due miliardi di dollari ai gruppi integralisti islamici. Anche il Pakistan diede il suo contributo ai mujaheddin (i combattenti del movimento nazionale islamico durante l’occupazione sovietica). Ma, questo è risaputo. 

Ciò che invece molti ignorano è che Washington pare abbia in qualche modo favorito le coltivazioni di oppio che servivano per finanziare la lotta contro Mosca. Secondo lo storico americano Alfred McCoy (3), la Cia ha sostenuto vari signori della droga afghani, per esempio Gulbuddin Hekmatyar e altri come Haji Ayub Afridi. Se fosse così, gli Usa in un sol colpo avrebbero aiutato fondamentalisti islamici e favorito la produzione di oppio. E da quelle terre provenì l’eroina che inondò tutto il mondo lasciando un innumerevole numero di morti. 

Quando i russi si sono ritirati, sono rimasti i signori della guerra (e dell’oppio) a scontrarsi fino alla nascita del primo Emirato Islamico dell’Afghanistan (1996-2001).

Il niet del Mullah Omar

Il “nuovo governo” era capeggiato da Mohammed Omar a tutti noto come il mullah Omar. In molti considerano l’ex mujaheddin un nemico giurato della droga (4). La situazione non è però così semplice.

Il Mullah Omar, interprete rigoroso del Corano, aveva dato una speciale licenza temporanea non per l’uso dell’oppio in Afghanistan, ma per la sua esportazione all’estero. I proventi dovevano servire a dare da mangiare agli afghani, ma di fatto così continuava l’export di stupefacenti. Come dire: poco male se si avvelenano gli occidentali. Ma il Corano proibisce sia l’uso che lo smercio di droghe. Non si poteva dunque andare avanti così. E fu per questo che dopo appena cinque anni fu proibita la coltivazione del papavero (da cui si ricava l’oppio). Si dice che fu un’operazione di facciata, ma non fu facile per il leader pashtun convincere centinaia di migliaia di contadini (anche di etnie diverse) a coltivare altro. Fatto sta che nel 2002 (anno in cui rileva la decisione del 2001) la produzione di oppio in Afghanistan crollerà a 185 tonnellate. L’arrivo degli americani, però, cambierà di nuovo tutto.

Gli americani e la farsa della guerra all’oppio

Quando l’esercito statunitense entra a Kabul tutto il mondo è in festa. Finalmente gli afghani erano liberi di ascoltare la musica (vietata dagli studenti coranici) e di farsi la barba. Ma le piantagioni sono rimaste. Certo, è anche vero che le “forze di liberazione” non hanno mai avuto il controllo di tutto il territorio, però hanno bombardato indiscriminatamente i civili senza scalfire i “santuari della droga”. Dal 2002 a oggi gli Usa avrebbero stanziato 8 miliardi e mezzo di dollari per cancellare l’oppio dal Paese. Eppure, i risultati non si sono visti, anzi la produzione ha conosciuto un’impennata mai vista. 

Sarebbe stato facile per l’esercito americano neutralizzare tutti le piantagioni. Ma così non è stato. Le complicità sono palesi. Nessuno ha impedito a Ahmed Wali (fratello del presidente afghano Hamid Karzai) di arricchirsi con quei loschi traffici. Per non parlare di Gul Agha Sherzai, padrone incontrastato nella provincia di Kandahar. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: quasi 600mila afgani sono occupati in questo settore e si stimano in 2 milioni le persone che sopravvivono grazie a queste coltivazioni. Nell’ultimo anno i campi di papaveri afgani sono aumentati del 37% raggiungendo una superficie di 224mila ettari, suddivisi in 21 delle 34 province del paese.

Inoltre, l’iperproduzione di oppio, ha fatto lievitare il numero di tossicodipendenti nel Paese: ci sono 2,5 milioni di consumatori (il 40% è già tossicodipendente), 800 mila di loro sono donne, 100 mila bambini (5). I dati si riferiscono a 3 anni fa, ma le cose non sono cambiate. Con la Missione Enduring Freedom ha prosperato solo il narcotraffico. Ora la patata bollente passa in mano ai talebani.

Chi teme la creazione del narcostato

Il nuovo governo di Kabul ha promesso la rinuncia ai proventi della coltivazione dei papaveri da oppio (da cui derivano eroina e morfina). Gli eredi del Mullah Omar nonostante le prescrizioni del Corano devono il 65% delle loro entrate al Papaver somniferum. Riusciranno a fare a meno di questo denaro? Difficile crederlo.

La questione preoccupa non poco Pechino. Inoltre, il nuovo Emirato può rafforzare le organizzazioni legate al terrorismo islamico. Ecco perché lo scorso luglio, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha incontrato il capo dell’ufficio politico del gruppo islamico in Qatar, Abdul Ghani Bardar. Già si sentiva puzza di bruciato. 

L’eccesso di offerta di oppio potrebbe rafforzare il traffico di stupefacenti nell’area compresa tra Vietnam, Laos e Cambogia, lungo i confini meridionali della Cina. Quell’angolo di Asia rischia di diventare un porto franco per la droga, come è stato spiegato da Federico Giuliani su Insider Over (6): “Data la geografia del territorio, formato da giungla e fitta vegetazione, è pressoché impossibile per il governo cinese controllare l’intera zona di frontiera. Per avere un’idea dell’entità del traffico di stupefacenti, basti pensare che, nel 2018, Pechino ha sequestrato 37,5 tonnellate fra droga e sostanze per produrla”. Se si apre il canale afghano, la Cina rischia di essere inondata da un fiume di droga. Ora dunque spetterà al Dragone fornire delle alternative ai coltivatori di papavero. Anche perché Xi Jinping è interessato anche e soprattutto al ricco sottosuolo afghano.

In conclusione, la droga (come era stato già analizzato nel 2010 da Polaris) (7) è una delle ragioni di questa guerra infinita. Ecco perché quello che era (ed è) il cimitero degli imperi è diventato l’eden dell’oppio.

1. Afghanistan: la vittoria dei talebani e il dietrofront Usa di Salvatore Recupero Polaris sito web 26, Agosto 2021 https://www.centrostudipolaris.eu/2021/08/26/afghanistan-la-vittoria-dei-talebani-e-il-dietrofront-usa/

2. WORLD DRUG REPORT 2010 United Nations Office on Drug and Crime  https://www.unodc.org/documents/wdr/WDR_2010/World_Drug_Report_2010_lo-res.pdf

3. The Politics of Heroin: CIA Complicity in the Global Drug Trade, Afghanistan, Southeast Asia, Central America, Columbia di Alfred W. McCoy versione 2013

4. Afghanistan 2001-2016. La nuova guerra dell’oppio di Enrico Piovesana Arianna Editrice 2016

5. Tra i tossicodipendenti di Kabul, «L’oppio è un’arma di guerra». Di Amalia De Simone e Marta Serafini. Il Corriere della Sera Maggio 2019 https://www.corriere.it/esteri/guerraSpa/afghanistan/

6. I talebani e il traffico di droga: ecco i rischi del narco-stato. Di Federico Giuliani. InsiderOver.com 26 agosto 2021 https://it.insideover.com/criminalita/talebani-traffico-droga-eroina-oppio.html

7. L’oppio dei popoli – Le altre ragioni delle guerre infinite. Di Alessandro Farigu Polaris rivista Giugno 2010. https://www.centrostudipolaris.eu/2010/06/01/loppio-dei-popoli-le-altre-ragioni-delle-guerre-infinite/

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