Riflessioni

AUTONOMIE LOCALI E LOBBIES DI POPOLO – Una risposta possibile all’abdicazione sociale dello Stato

Le autonomie locali, intese come aree amministrative che conservano in seno alla Nazione una certa autodeterminazione, possono rivelarsi utili ancore di salvezza per le conquiste sociali minacciate.

di Marco StellaInsegnante di Lingua e Cultura Italiana presso la Berlitz Idiomas di Rio de Janeiro

La storia del nostro Paese è ricca di esempi più o meno duraturi di esperienze amministrative locali che hanno garantito al cittadino protezione, benessere e, soprattutto, lo sviluppo di quel senso civico e dell’abilità amministrativa che possono nascere esclusivamente da una secolare pratica partecipativa. In numerosissime occasioni il nostro popolo ha sperimentato tali abilità amministrative (comuni medievali, repubbliche marinare, repubbliche preunitarie, associazionismo, sindacalismo, corporativismo). Queste esperienze hanno fatto dell’Italiano un cittadino con ampio senso civico, capace addirittura di esportare concetti e modelli  e contribuendo ad ampliare e consolidare l’idea  stessa di politica, essendo tra i popoli che maggiormente esercitano la solidarietà, l’associazionismo e la partecipazione. 

Tra autonomia ed atomizzazione

La riduzione dei nostri spazi vitali a livello geopolitico e l’abbandono del sistema economico misto che affonda le radici in quelle esperienze citate hanno di fatto sancito la fine della politica come espressione della volontà popolare e forza regloatrice dei mercati, traducendosi in pratica, per entrar nel merito della materia, nell’ impossibilità da parte del cittadino di avere spazi di partecipazione realmente decisionali. 

Se questo si traduce nel rischio  della perdita delle conquiste sociali raggiunte nell’ultimo secolo, sta al cittadino stesso fare il primo passo alla riappropriazione degli spazi partecipativi più a portata di mano, per correre urgentemente al riparo. 

È in quest’ottica, e rispondendo alla necessità emergenziale del momento, che si possono definire le autonomie locali come àncora di salvezza delle lobbies di popolo.

Estendere la partecipazione ai corpi intermedi e renderli parte attiva del legislativo municipale e regionale è ormai cosa necessaria per ridurre l’insormontabile distanza del cittadino dalla vita politico-amministrativa. (concetto già espresso nell’articolo Camera municipale delle associazioni – Polaris 1-). 

A questo scopo si dovrebbe ripensare il finanziamento delle amministrazioni locali, ossia a come attuare a livello fiscale  un sistema in grado di garantir loro entrate maggiori di  adesso, perché  nessun servizio al cittadino può esser offerto senza adeguati introiti.  

Si tratterebbe quindi di individuare quei servizi al cittadino che possano essere erogati dalle amministrazioni locali e finanziarli direttamente con principio di federalismo fiscale (sui livelli regionale e comunale),istituendo un apposito fondo locale per i servizi sociali.

Tra i servizi nevralgici sarebbe interessante includere quelli inerenti la sanità,  l’emergenza abitativa, la dignità degli anziani e la formazione professionale dei giovani.  

Aumentare le entrate degli erari degli enti locali affinché tali amministrazioni possano fornire quei servizi al cittadino che  la situazione del momento non sta permettendo, potrebbe esser garantito da attività a valenza territoriale quali quelle del settore primario (estrattivismo, agricoltura, allevamento e pesca) e dal  turismo. Tali settori possono di fatto sostenere le spese necessarie a mantenere in vigore i servizi al cittadino sopra esemplificati.

Discrepanze regionali del federalismo

La scelta di tali settori è stata fatta anche per ridurre al minimo le discrepanze regionali che  sono una pecca del federalismo fiscale. Viviamo in un Paese dove il divario tra nord e sud è ancora molto forte, ma avendo scelto appunto il primario e il turismo come settori dai quali attingere per alimentare il fondo locale sei servizi sociali e non il commercio o l’industria, si vuole appunto fare in modo che ogni regione (amministrativa o geografica) o ogni municipio si dedichi alla massima valorizzazione delle risorse locali, affinché tale sforzo possa esser direttamente tradotto in qualità di vita e garanzie sociali. 

Se la Lombardia avrà con l’agricoltura notevoli entrate per la composizione del proprio fondo la Puglia ne avrà altrettante con la valorizzazione del turismo. Gli introiti provenienti  dagli altri settori economici continueranno ad affluire all’erario nazionale che si occuperà di tutti gli altri oneri e di intervenire laddove, per particolari questioni geografiche, non sarà possibile garantire un servizio dignitoso al cittadino.

L’istituzione di fondi locali dei servizi sociali in seno alle amministrazioni alle quali vengono delegati i servizi scelti dal cittadino sarebbe  realizzabile con le entrate garantite dalle imposte sulle attività sopracitate. È importante sottolineare che tale fondo non deve esser generato  con l’aggiunta di nuove imposte, ma togliendo allo Stato l’onere di occuparsi di tali servizi se ne toglie pure la percentuale che a tali servizi si usa destinare.

 Queste misure federali e municipaliste possono essere una forma per arginare il rischio reale della perdita del potere decisionale del cittadino nelle faccende che lo riguardano  da vicino. In questo modo egli potrà avere la tranquillità per riappropriarsi di tutti gli spazi decisionali, nella ricostruzione di una nuova gerarchia rappresentativa che vedrebbe nelle eque relazioni tra il continente, lo Stato nazionale e le autonomie locali la forma perfetta per garantire al popolo non solo i servizi storicamente già acquisiti, ma la conquista di nuove e più alte prospettive. 

Questa proposta non sorge dal pensiero che federalismo e municipalismo siano il concetto ideale di governo, ma che  in mancanza della possibilità di una politica centralista non eterodiretta, l’occupazione popolare dei livelli amministrativi locali sia una compensazione in grado di offrire una via d’uscita. Se si procede verso istituzioni liberalizzate e privatizzate che erogano il minimo di servizi e immolano il benessere sull’altare della finanza, allora è opportuno che il cittadino cerchi altrove le sue garanzie e attui nuovi meccanismi di autotutela. 

E’ opportuno sottolineare ulteriormente che il concetto di gestione autonoma di parte delle risorse territoriali da parte delle amministrazioni locali non è da considerarsi assolutamente come presupposto all’isolamento egoistico o al separatismo, ma semplicemente alla ripresa di spazi e conservazione di garanzie sociali da parte di un popolo – quello italiano – sempre meno tutelato. Solo l’abilità alchemica di dosare municipalismo, federalismo, nazionalismo potrà far dell’Italia una colonna portante del più ampio progetto eurasiatico,  che garantirebbe al nostro popolo la stabilità ed il benessere che merita.

Tratto da “Polaris – la rivista n.8 – GLOBAL OCTOPUS OPPURE NO?” – acquista qui la tua copia

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