Economia & Finanza

UNA VALUTA BIPENNE – Euro unico o sdoppiato: si apre il dibattito

In Germania ma anche altrove si sta seriamente riflettendo sull’ipotesi del doppio Euro, che implica l’introduzione di un Euro debole legato da un patto di stabilità (PEG) all’Euro forte. Questo consentirebbe alla moneta debole di svalutarsi di almeno il 20% rispetto all’Euro forte e di fatto permettere ai Paesi “deboli” di rimanere in area Euro con un cambio diverso.

Lo sdoppiamento dell’Euro è una decisione che non nega l’Euro, anzi ne fa un uso appropriato e lo pone come moneta pivot di un sistema a due velocità che consente a tutti i Paesi dell’area Euro di stabilizzare la propria valuta mantenendo importanti leve di flessibilità nelle manovre di bilancio e nelle politiche di sviluppo economico e di protezione sociale.

di Michelangelo AlbertazziDocente universitario e operatore finanziario

La crisi greca segna l’inizio di una fase nuova nella spirale finanziaria innescata nel 2007 dallo scoppio della bolla immobiliare statunitense. La grade crisi finanziaria tuttora in corso è stata erroneamente definita di “liquidità”, cioè di momentanea carenza di scambi, mentre in realtà si tratta di una crisi di “solvibilità”, dovuta cioè all’incapacità delle banche di far fronte ai propri debiti.

In risposta a questa crisi i Governi occidentali hanno deciso di acquisire i debiti del settore privato, soprattutto bancario ed assicurativo, per evitare il collasso del sistema finanziario. Questa scelta ha evidentemente appesantito i bilanci pubblici rendendo i Governi stessi facile preda della speculazione finanziaria, soprattutto da parte di grandi hedge funds, che scommettono sul mancato rimborso dei prestiti a scadenza. 

Il caso della Grecia segna in tal senso l’entrata in una fase nuova della grande crisi di solvibilità tuttora in atto. La crisi greca è molto complessa ed ha molteplici sfaccettature che vanno ben oltre il peso che i cira 7 milioni di Greci hanno nell’economia Europea. In Grecia si combattono almeno tre partite. Quella della finanza internazionale che prova il primo affondo contro un Governo occidentale, per poi eventualmente continuare verso altri; quella della politica del rigore di bilancio (di estrazione tedesca) contro la politica della flessiblità dei parametri monetari (di estrazione italiana); infine, si gioca la partita di una certa industria tedesca che preferisce un Euro meno forte contro il “partito” della BCE che fa del primato dell’Euro un punto di riferimento, con scarso interesse per quanto accade nei comparti produttivi ed industriali (va ricordato che la politica monetaria della BCE è sempre stata orientata al contenimento dell’inflazione piuttosto che allo stimolo del sistema economico).

Certamente, il ruolo della speculazione internazionale ha fatto da catalizzatore e per tale ragione crediamo che la Grecia sia solo l’avvisaglia di un trend in sviluppo che vedrà la Finanza internazionale scagliarsi contro Istituzioni sovrane. Chiaramente la Grecia non è l’unico Paese il cui debito pubblico sta dilagando (si parla di un livello di Debito/PNL di 115-120% ma previsto a 130-150% nei prossimi 24 mesi). Mezza Europa è nelle stesse condizioni, ma soprattutto lo è il Governo Federale americano che fa da apripista in questa triste competizione.

Difatti, nel breve, il problema Greco è più pericoloso per gli USA che per l’Europa continentale. per almeno due ragioni: Anzitutto, può spingere al “downgrade” (riduzione di credibilità/valore) del debito USA con effetti devastanti sul costo della raccolta e sulla spirale di debito/Pil USA; In secondo luogo rafforza temporaneamente il dollaro contro l’Euro (le quotazioni dell’Euro sono scese a 1.25 nei giorni della crisi Greca contro una banda di oscillazione di 1.35-1.5 degli ultimi 2-3 anni) contrariamente alla volontà delle FED americana, che lo vorrebbe ancora debole per dare ossigeno al sistema e tenere le esportazioni a livelli tali da evitare il collasso della bilancia dei pagamenti (differenza tra esportazioni ed importazioni).

Va ricordato che il problema americano parte dalla Cina. I cinesi sono stati grandi acquirenti di obbligazioni USA, ma allo stato attuale delle cose, per dirla con Aneta Markowska, economista senior a Societe Generale, “They just don’t have the marginal dollars to recycle back into the Treasury market” (non hanno più avanzi di liquidità da investire nelle obbligazioni del Tesoro americano). 

Il problema “americano” ha molta facce, ma quella che ha maggiore impatto nel breve riguarda proprio la sostenibilità del debito federale. Moody’s ha iniziato a guardarci dentro. Le stime più ottimistiche indicano nel 2018 l’anno nel quale gli USA perderanno la caratteristica di “AAA” (ovvero il massimo del rating internazionale, corrispondente all’assenza di rischio di fallimento). Ma dato che Moody’s valuta soprattutto il costo degli interessi sul debito in percentuale delle entrate fiscali, la fatidica perdita della tripla A sarà accelerata da un aumento dei tassi di interesse sul mercato che si reputa imminente, che renderà il costo del debito USA molto più alto. Centri studi di grandi banche europee datano al 2012-2013 il downgrade, ma è possibile pensare che già nel 2011 il sistema USA subirà una storica riduzione di rating.

Va aggiunto che il bilancio federale USA non ha ancora consolidato i debiti di gran parte dei “giganti” salvati nel 2007-2008, a partire dalle compagnie di riassicurazione come la AIG e dalle finanziarie specializzate in mutui ipotecari quali Fannie Mae e Freddie Mec. Il Tesoro americano non ha acquisito queste partecipazioni in modo diretto, altrimenti avrebbe dovuto portarsi in pancia miliardi di debiti; ha preferito invece far finanziare le banche in fallimento da alcuni bracci operativi come la JP Morgan, che hanno iniettato liquidità nelle banche da salvare in nome e per conto del Tesoro. Quando il debito acquisito sarà consolidato gli USA mostreranno un bilancio federale da paese latino-americano.

Tutto ciò porta a credere che la crisi Greca in atto abbia poco a che fare con un attacco all’Euro in quanto valuta e che questa crisi finirà per creare più danni agli USA che non all’Europa.

La portata degli eventi in atto è tuttavia rilevante, ed apre all’Europa un’occasione storica a circa 10 anni dall’introduzione della moneta unica, quella di sdoppiare l’Euro dando corso ad un Euro “debole” da far circolare in quei Paesi che hanno caratteristiche strutturali diversi dal binomio franco-tedesco. In Germania ma anche altrove si sta seriamente riflettendo sull’ipotesi del doppio Euro, che implica l’introduzione di un Euro debole legato da un patto di stabilità (PEG) all’Euro forte. Questo consentirebbe alla moneta debole di svalutarsi di almeno il 20% rispetto all’Euro forte e di fatto permettere ai Paesi “deboli” di rimanere in area Euro con un cambio diverso, che nel tempo è soggetto ad una stabilità garantita dal PEG (politica monetaria in virtù delle quale la banca centrale si impegna a mantenere stabile il cambio tra due valute). 

Il doppio Euro sarebbe una mossa intelligente che in qualche modo tiene conto delle due anime, delle due culture e delle due economie che prevalgono in Europa: quella industrial-finanziaria dell’Europa continentale e quella commerciale propria dei Paesi del sud Europa. Alla prima occorre una valuta forte che renda poco costose le importazioni, la seconda ha bisogno di una valuta più debole per dare respiro alle esportazioni.

L’Euro forte serve alla Germania per trainare la Russia. Ricordiamo che l’Euro è sostanzialmente la vera “merce” di scambio che l’Europa possiede per dialogare con gli altri grandi blocchi geo-economici (Russia, Cina e USA). In particolare, il crescente flirt tra Russia e Germania si sviluppa proprio attorno ad uno scambio fondamentale tra materie prime e finanza, tra risorse inesplorate e know how tecnologico. Quindi, se l’Euro si indebolisse la Germania perderebbe smalto nella partita con la Russia.

D’altro canto la Germania deve tenere insieme i pezzi del mosaico, evitando che Paesi in fuga dall’area Euro siano all’origine di tempeste valutarie o si pongano come elementi di frattura nelle relazioni commerciali della regione europea. Quindi, Paesi come Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda ma anche alcuni di quelli della “nuova Europa” potrebbero dar corso ad un Euro debole che riparta da un cambio più basso ed approfittino della svalutazione per ridare slancio alla propria economia. 

In una maniera o nell’altra la direzione di marcia è segnata. La Finanza internazionale agisce in modo dinamico ed ha chiaramente indicato quali sono le prede preferite dei prossimi anni. La crisi di solvibilità in atto a livello internazionale pone peraltro problemi strutturali ai quali occorre dare una risposta innovativa ed efficace. Lo sdoppiamento dell’Euro è una decisione che non nega l’Euro, anzi ne fa un uso appropriato e lo pone come moneta pivot di un sistema a due velocità che consente a tutti i Paesi dell’area Euro di stabilizzare la propria valuta mantenendo importanti leve di flessibilità nelle manovre di bilancio e nelle politiche di sviluppo economico e di protezione sociale.

Tratto da “Polaris – la rivista n.2 – STRADE D’EUROPA” – acquista qui la tua copia

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