Speciale Elezioni USA

Il fuoco della Redenzione trumpiana: Bibbia, Colt e dollari

Una recente dichiarazione dell’ormai quasi certo candidato alla Presidenza americana Donald Trump, che se fosse stata rivolta a un elettorato di un qualsiasi paese europeo avrebbe scatenato reazioni oscillanti dall’indignazione all’ironia canzonatoria, se la si rapporta a chi effettivamente doveva recepirla – e cioé una “certa America” – appare assai meno ‘fuori luogo’.

Trump ha detto che “la religione farà tornare grande l’America” e che “tutti devono avere una Bibbia in casa” (infatti per finanziare la sua campagna ha deciso di venderle alla modica cifra di 60 dollari) e anche che “la religione è la cosa più grande che abbiamo per riportare indietro l’America e farla ritornare grande”.

E’ evidente come egli abbia deciso di connotare in senso religioso e fondamentalista il proprio programma politico (nell’accezione peculiarmente americana che questo comporta) supportato, occorre chiarirlo, dallo speculare estremismo che caratterizza certe chiassose e intolleranti frange dello schieramento opposto.

Ne consegue uno scenario in gran parte inedito e in una certa misura né previsto né prevedibile, nel quale alle prossime elezioni di novembre si affronteranno due candidati ciascuno dei quali non “riconosce” l’altro vedendovi non un semplice concorrente (al quale eventualmente telefonare il giorno dopo per complimentarsi in caso di vittoria) ma un pericolo assoluto per il paese.

Si affrontano due visioni dell’America, qualcuno arriva a dire “due Americhe”, almeno nei rispettivi immaginari.

A quale America parla Trump?

Il fondamento religioso degli Usa è indiscusso e indiscutibile, e ha sempre costituito insieme alla costituzione, al liberismo economico uno dei capisaldi della “cultura politica americana”. Brevemente va ricordato che il presidente nella cerimonia d’insediamento giurando di difendere la costituzione, pone la mano sulla Bibbia pronunciando le parole “So help me God” – che Dio mi aiuti -, che i discorsi pubblici vengono conclusi con la formula “God bless America” e che infine il dollaro presenta stampato un altro richiamo alla fede (“In God we trust”). Dio, ma soprattutto un popolo che ha fede in Dio.

E qui s’innesta il trumpismo come recupero di una identità ‘forte’ americana, identità connotata da fede e differenza rispetto all’Europa. I due elementi si alimentano l’un l’altro; l’unicità e l’eccezionalità degli Usa (alla quale evidentemente Trump si richiama) hanno fin dall’origine trovato una legittimazione solo nella radicale differenziazione dalla Europa, tutto il mito americano si fonda in fondo su questo.

Quando la Mayflower nel 1620 approdò sulle coste dell’odierno Massachusetts, tra le circa cento persone a bordo, una trentina costituiva il gruppo che aveva promosso la spedizione; sarebbero passati alla storia come “I Pilgrim Fathers” (padri pellegrini celebrati come gli antenati del popolo bianco americano). Questi erano esponenti di una corrente rigorosa del protestantesimo, infiammati da un fervore misticheggiante erano ‘separatisti’ ovvero ritenevano che in Inghilterra la chiesa fosse irrimediabilmente corrotta. Per condurre un’esistenza autenticamente ispirata dal Vangelo era dunque indispensabile fondare una nuova comunità religiosa e per questo si erano recati nel Nuovo Mondo (Nel Libro dell’Esodo la fuga dall’Egitto è soprattutto fuga dalla terra degli idoli e della schiavitù). Il primo best seller americano “Senso comune” di Thomas Paine estremizzò la tesi, sostenendo nel 1776 l’urgenza del distacco dall’Inghilterra (Paine era inglese) perché l’America potesse continuare a essere la terra della libertà in quanto “ultima, migliore speranza dell’uomo sulla terra” (inutile sottolineare le forti tinte messianiche).

Destino manifesto

In una diversa contingenza storica e pur con delle differenze, la tesi dell’eccezionalismo americano connotato da toni provvidenzialistici e messianici ebbe una nuova versione ad opera di John O’Sullivan che coniò l’espressione di “destino manifesto” (la missione salvifica degli Stati Uniti sarebbe immancabilmente destinata a realizzarsi in quanto manifesta, evidente. Gli Stati uniti predestinati a realizzare i “piani di Dio” godrebbero di vera investitura divina. Si tratta con tutta evidenza della traduzione politica del discorso religioso dei Padri Pellegrini) Ora, questa è in estrema sintesi la rappresentazione di quella miscela tra provvidenzialismo e liberismo individualista, citazioni bibliche, culto delle armi e della difesa personale che una parte di America sente difesa e incarnata da Trump. È un’America che non compare quasi per nulla nei media che è costantemente assente nel cinema o nelle serie tv, salvo che per offrire modelli odiosi – vedi l’esempio dello sceriffo Tillman nella quinta stagione della serie Fargo – assolutamente minoritaria nella musica e nelle università, nelle dichiarazioni degli attori, degli sportivi famosi. Marginalizzato quindi dal mondo culturale dell’intrattenimento e dello sport il messaggio trumpiano si è rivolto con sempre maggiore evidenza a quel complesso modo detto in America “Evangelicalismo” che raccoglie quel composito mondo delle chiese evangeliche, i cui fedeli rivolgono la propria esclusiva attenzione alle parole della Bibbia, che in quanto parola di Dio non devono essere interpretate. Insomma una sorta di letteralismo che è l’esatto contrario della tradizione cattolica tramandata da San Paolo. Dagli anni ’80, e cioè dall’arrivo di Reagan alla Casa Bianca le chiese evangeliche si sono sempre più spostate a destra in tema di “diritti civili”, in particolare su aborto e matrimoni tra persone delle stesso sesso. Si potrebbe sostenere che si è verificata una vera fusione tra religione e politica, per cui le chiese evangeliche sono di fatto sostenitrici dichiarate del partito repubblicano.

Questo mondo, in larga prevalenza bianco, spesso non residente nella grandi città delle due coste, in larga misura non ricco e non particolarmente istruito, che non frequenta i campus e i colleges, che si sente minacciato da neri e ispanici, ha ritrovato il suo campione, e poco importa se è pluridivorziato ed è stato imprenditore nel settore dei casinò, poco importa perché dall’altra parte c’è il Male.

Enzo Russo

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