Traoré: un trait d’union tra il Burkina Faso e la Russia
di Daniele Martignetti
“Patria o morte”. Così il Presidente ad interim del Burkina Faso, Ibrahim Traoré, a concludere un discorso mediamente incendiario spiegando che quanto accaduto nei scorsi giorni in Niger è un processo destinato a far uscire quella nazione dal dominio colonialista franco-americano.
Vertice Russia-Africa ’23, al cospetto del tanto osannato Vladmir Putin. Traoré, già noto negli ultimi mesi per diverse dichiarazioni patriottiche, rivendica la centralità dell’Africa nell’economia europea: “Come mai possediamo più giacimenti di acqua di tutti i continenti e le nostre popolazioni sono assetate?
Ecco, mi scuserò sin da ora con gli antenati per le mie prossime parole. Anzitutto, voglio ringraziare il Presidente russo Vladmir Putin per le donazioni di grano.
Ora i nostri militari non avranno più problemi a sfamarsi”. Parole che non necessitano di interpretazioni, con la Russia sempre più intenta ad acuire le masse migratorie verso l’Europa destabilizzando la situazione in Niger.
E lo zar trova in Traoré un valido alleato.
Chi è Traoré?
Dopo aver estromesso Paul-Henri Sandaogo Damiba nel 2022 tramite golpe, il capitano ha goduto di sempre maggior fama sia in Burkina Faso sia in tutto il Maghreb, avendo condotto – con successo – l’omonima insurrezione islamica nel territorio del Sahel e del Maghreb dal 2002 a oggi.
Anche qui, questione annosa. Se da un lato la narrazione giornalistica pareva abbastanza propensa nell’individurare in Traoré uno dei fautori dell’antiterrorismo, dall’altro molteplici dubbi son sorti proprio quando prestò servizio in Kaya, a nord del Burkina Faso, apparentemente combattendo contro l’insurrezione jihadista.
Noi abbiamo ora l’occasione di tessere nuove relazioni internazionali per donare ai nostri popoli un futuro migliore.
Ibrahim Traoré, Presidente ad interim del Burkina Faso
Il ruolo della Wagner in tutto ciò non è da poco. “Un figlio degno e coraggioso della sua Patria” è stato definito da Yevgeniy Prigozhin, oligarca russo, l’indomani del golpe a Damiba accompagnato da un insolito sventolio di bandiere russe a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso.
Insomma, la strategia russa in Burkina Faso è chiara ed è volta, per ora, a ledere gli interessi francesi, rovesciando il colonialismo e veicolandolo verso il polo russo-cinese.
Jihadismo e Wagner
L’espansionismo jihadista parrebbe dunque esser stato sfruttato da Mosca proprio per destabilizzare ulteriormente il controllo delle migrazioni a Nord del Niger, avvalendosi pure di gruppi paramilitari come Wagner.
Ma tornando al discorso di Traoré dinanzi a Putin, ecco un estratto che chiarirà alcuni punti fondamentali e lascerà al gentil lettore le apposite deduzioni: “Noi abbiamo ora l’occasione di tessere nuove relazioni internazionali per donare ai nostri popoli un futuro migliore.
Da otto anni, in Burkina Faso siamo costretti ad assistere alla forma più violenta di colonialismo e imperialismo.
Quando in Europa il popolo scende in piazza viene definito patriottico, quando lo facciamo noi diventiamo improvvisamente terroristi.
I nostri nonni sono stati deportati in Europa per difendere le loro ragioni, eppure quando son tornati hanno lottato nuovamente per il riconoscimento dei diritti fondamentali dei popoli africani.
Ma il vero problema non è come ci appellano quanto constatare che i capi di Stato africani, anziché aiutare i propri popoli, parlano come gli imperialisti occidentali, definendoci miliziani. Ieri il Presidente Vladmir Putin, che noi oggi ringraziamo, ha inviato grano ai nostri soldati.
Questo è un messaggio chiaro a tutti coloro i quali si oppongono a noi. D’ora in poi, foraggeremo l’autosufficienza dei nostri popoli. D’ora in poi, tesseremo nuovi rapporti con la Federazione russa”.
Burkina Faso: le origini della rivoluzione
Lungi da una spiegazione saggistica e comunque particolarmente corposa, sia per ora sufficiente rammentare che la rivoluzione ha radici abbastanza vecchie, come i significativi cambiamenti politici e sociali portati nel 1983 da Thomas Sankara.
Divenuto capo di Stato anche lui teamite golpe, si distinse subito per il suo carisma, la sua retorica radicale simile a quella di Traoré e il suo impegno contro le diseguaglianze sociali.
Dopo la nazionalizzazione delle terre e delle industrie, promosse la lotta contro la corruzione e il lusso tra i funzionari governativi. Fortemente autarchico, nazionalizzò i settori agricoli e industriali sebbene poi la Francia di Hollande riuscì, abbastanza celermente, a ristabilire il dominio.
Perché proprio il Niger?
(dall’articolo del 03/08/23 sulla pagina Facebook del Centro Studi Polaris, “Europa in bilico: le complessità della crisi nel Sahel e le tensioni con la Russia”)
II Niger è nel cuore del Sahel, la pianura costiera tra deserto e steppa che taglia in due, da un oceano all’altro, l’Africa tra settentrionale e subsahariana.
Vi fanno parte anche Mauritania, Mali, Ciad, Burkina Faso, Sudan e regione meridionale dell’Algeria.
Tale cerniera è storicamente sotto influenza o protettorato francese. È scossa dal terrorismo jihadista che lì è più vivo che altrove. Nel 2023, dopo gli interventi russi, il terrorismo ha avuto enormi boccate di ossigeno.
Nel Sahel la violenza jihadista è cresciuta di oltre il 2.000%. Burkina Faso e Mali hanno registrato sostanziali aumenti delle morti per terrorismo, del 50 e 56%.
La Francia si è fatta travolgere malgrado abbia tentato di coinvolgere gli altri europei nella tenuta della regione.
Come faceva notare nel marzo scorso la ricercatrice Catherine van Offelen sulla rivista Liberté politique, i francesi hanno peccato per schematismo e razionalismo non riuscendo a barcamenarsi tra le motivazioni del terrorismo (religiose, economiche, etniche, ideologiche, morali, patriottiche, irrazionali e psicosociali).
Operazioni troppo razionaliste e schematiche hanno regolarmente fallito. Così non hanno saputo far fronte alla nuova intelligenza tra terroristi e russi.
La Russia sta giocando la carta dell’Africa contro l’Europa. Poiché ha perso influenza e tenuta su gran parte della cosiddetta area eurasiatica a vantaggio di Cina e Stati Uniti e si è definitivamente guastata i rapporti con l’Europa orientale e gran parte di quella occidentale, si sta arroccando nelle zone africane.
Così Mosca ha sostenuto dapprima il golpe in Mali, nel maggio 2021, ovvero nove mesi prima dell’invasione dell’Ucraìna, e quindi in Burkina Faso nel gennaio 2022.
In Mali si trovano estesi giacimenti di fosfati, oro, uranio, ferro, bauxite, manganese e sale.
In Niger, carbone, ferro, fosfati, oro e petrolio. Ma soprattutto è il quinto paese al mondo per l’estrazione dell’uranio (circa 3 243 tonnellate l’anno), ad opera della multinazionale francese Areva.
Si calcola che il 24% dell’uranio destinato alle centrali nucleari europee sia di produzione nigerina. La giunta golpista ne ha vietato le esportazioni.
In aggiunta alla guerra in Ucraìna che ha portato alle stelle i costi energetici e l’ha privata dello sfruttamento dei minerali rari nel Donbass, l’intera Europa rischia di essere tagliata fuori delle risorse africane a vantaggio di altri players.
E non è tutto. Il Niger si trova lungo complesse rotte migratorie ed è anche colpito dalla violenza che ha costretto migliaia di persone a fuggire dalle loro case di Burkina Faso e Mali e Nigeria.
Inoltre ospita masse di migranti, mentre molti altri, in transito verso i paesi del Nord Africa sono stati trattenuti da leggi suggerite dall’Eliseo fin dal 2018 che avevano trasformato il paese in una diga.
La nostra intelligence ha denunciato un progetto di invasioni massicce di lì macchinato dalla Russia, un progetto che sia il Cremlino che la Wagner hanno sostanzialmente confermato.
È solo un ricatto o è qualcosa di più?
Gli effetti dei golpe nel Sahel rischiano di dimostrarsi disastrosi in tutta Europa. Non dispiacciono ai cinesi e non intaccano gli americani.