Relazioni Internazionali

L’OPPIO DEI POPOLI – Le altre ragioni delle guerre infinite

Il narcotraffico è un mercato in grado di generare quantità di ricchezza tali per cui nessun altra attività (legale o illegale) può reggere la concorrenza.

Le narcomafie producono, trasportano, vendono e “lavano” il denaro sporco in attività “legali”, ricavandone denaro pulito.

È un economia in grado di muovere ogni anno cifre che corrispondono all’incirca al 2-3% dell`intero prodotto nazionale lordo mondiale. 

di Alessandro Farigu Laureato in scienze politiche

La caduta del muro di Berlino, la fine dell’URSS e del bipolarismo: con l’avvento della mondializzazione il commercio illegale di sostanze stupefacenti si è definitivamente globalizzato causando un’impennata del volume d’affari e nei consumi. Secondo il World Drug Report 2009 dell’ONU, questo mercato criminale può contare su una domanda costituita da oltre 230 milioni di consumatori in tutto il mondo. Il narcotraffico è un mercato in grado di generare quantità di ricchezza tali per cui nessun altra attività (legale o illegale) può reggere la concorrenza. Le narcomafie producono, trasportano, vendono e “lavano” il denaro sporco in attività “legali”, ricavandone denaro pulito. È un economia in grado di muovere ogni anno cifre che corrispondono all’incirca al 2-3% dell`intero prodotto nazionale lordo mondiale. Trattandosi di economie sommerse e illegali è impossibile stimare con certezza la portata di tali proventi, perciò è bene tenere presente che si tratta sempre di cifre stimate per difetto calcolate con metodi sperimentali, ad esempio considerando il volume dei sequestri e la percentuale di criminalità collegata al consumo di stupefacenti (prostituzione, scippi, furti). Alcuni Stati hanno così calcolato la dimensione della propria economia illegale rispetto al PIL. In Europa le cifre oscillano tra il 2,2% dell’Ucraina e lo 0,17% della Svezia, mentre in stati produttori come l’Afghanistan il traffico d’eroina pesa per il 53% dell’intero Pil. È facile capire, quindi, come il commercio di sostanze stupefacenti rappresenti la prima voce del fatturato criminale delle mafie. Parliamo di droghe pesanti come l’eroina, delle droghe chimiche create in laboratorio, e in particolare dell’uso sempre più diffuso della cocaina. 

L’aumento del consumo della “polvere bianca” in Europa e Nord America, complice il progressivo abbattimento dei prezzi, ne ha consacrato il passaggio da droga d’elite a droga di massa. Quando si parla di cocaina, si parla di sud America. La Colombia, ne è il primo produttore ed esportatore mondiale. Si parla infatti di 100.000 ettari di terreno coltivati a coca per produrre circa l’80 % della cocaina mondiale (oltre 600 tonnellate). Il Perù ha recentemente spezzato il monopolio della coca colombiana. Le rilevazioni effettuate sulla produzione stimano un’estensione di 53.700 ettari destinati alla coltivazione di quasi 300 tonnellate. Infine la Bolivia, con i suoi 28.900 ettari sottoposti a coltura ed una produzione potenziale di 104 tonnellate, è il terzo Paese produttore mondiale. Tutto il traffico della droga sudamericana, dopo la produzione, transita per il Venezuela e per il Brasile. La produzione locale in questi paesi è pressoché inesistente, infatti la criminalità si è specializzata nel trasporto e nel contrabbando. Le sole autorità venezuelane stimano il transito di coca in circa 200 tonnellate all’anno. La coca quindi, per via terrestre, aerea, fluviale e marittima compie il suo tragitto, diretta verso il Messico dove criminalità locale provvede a contrabbandarla nel principale mercato acquirente, gli States. L’Europa è il secondo mercato mondiale delle droghe dopo quello Statunitense. Il vecchio continente negli ultimi anni ha registrato un’impennata nella domanda di cannabis, metanfetamine (per entrambe l’Europa rimane il primo consumatore mondiale) e cocaina. La mafia italiana, principalmente nrangheta e camorra, si pone come interlocutrice dei narcos colombiani. Recenti indagini hanno dimostrato il legame che vi è tra narcos colombiani e la ‘ndrangheta calabrese, che gli consente di trattare oltre 600 tonnellate di coca l’anno.

Se la cocaina garantisce elevatissimi margini di guadagno, il vero business del narcotraffico è l’eroina. Rispetto al traffico di cocaina, che può fruttare intorno al 4 mila percento, per gli oppiacei è possibile arrivare a ricavi superiori anche al 14 mila percento. L’Afghanistan sta all’eroina come la Colombia sta alla coca. Il paese produce l’80% dell’oppio mondiale e un conseguente indotto economico che lo rende di un’importanza geostrategica di primaria importanza. Il recente conflitto afgano non ha minimamente intaccato la produzione di oppiacei, se si esclude un lieve decremento il mercato mondiale non ne ha risentito dal punto di vista dell’offerta e del conseguente aumento dei prezzi. Da registrare invece è il fatto che, mentre rispetto al passato l’oppio afghano veniva esportato nella sua forma grezza (le successive fasi di lavorazione e trasformazione, prima in morfina e poi in eroina, avvenivano nei mercati di consumo o di transito), oggi subisce i procedimenti di raffinazione all’interno del Paese stesso e che, da qui, parte verso i mercati di destinazione come prodotto finito. La Birmania rappresenta un altro paese strategicamente fondamentale nella cartina del narcotraffico. È situata nella zona meglio conosciuta come “il triangolo d’oro” assieme a Laos e Thailandia ed è il secondo produttore al mondo di eroina, anfetamine e ecstasy. Il regime birmano, è una narcodittatura che protegge i signori della droga locali e allo stesso tempo intrattiene remunerativi rapporti commerciali con le principali multinazionali americane ed europee e rapporti di fornitura militare dalla Cina.

 La rotta che l’eroina segue per l’Europa passa dall’area balcanica, punto di crocevia obbligato delle molteplici rotteattraverso le quali l’eroina afghana raggiunge i mercati diconsumo. Secondo le stime oltre 100 tonnellate attraversano i Balcani, per un giro d’affari di 25-30 miliardi di dollari, ossia più del PIL di molti Paesi della regione. La rotta balcanica vede come ulteriore centro strategico la Turchia, importante crocevia di tutta l’importazione occidentale di eroina, oppiacei e metamfetamine. Attraversando la Turchia, la rotta balcanica passa direttamente all’interno dell’Albania e del neonato stato indipendente del Kosovo, (divenuto un narco-stato controllato dai gruppi criminali albanesi che gestiscono il traffico di eroina) per poi raggiungere la costa adriatica italiana, riuscendo a collegare il maggiore produttore mondiale di eroina, l’Afghanistan, con il suo cliente più remunerativo, l’Europa occidentale. Dalla Birmania la produzione di oppio si muove seguendo tre rotte: a Nord verso la Cina e il mercato Russo-Americano, a Est verso la Thailandia e la Malaysia, da dove raggiunge l’Australia; infine da sud per via marittima verso l’India e verso il corno d’Africa e quindi, finalmente, verso il ricco mercato Europeo.

Se i paesi produttori sono rimasti invariati rispetto all’ultimo ventennio è quindi decisamente mutata la situazione dei canali di transito. Negli ultimi anni si assiste ad un progressivo interessamento dei paesi africani e dell’est europeo quali punti di smistamento, rispetto alla tradizionale rotta nord atlantica. Le nuove rotte del narcotraffico passano dai paesi sudamericani (Brasile, Argentina e Venezuela) verso le coste dell’Africa Occidentale. Da qui, sempre via marittima, le droghe raggiungono le coste del Portogallo o della Spagna. Recentemente ha assunto un ruolo strategico la rotta trans-sahariana, cosiddetta “rotta del Sahel”. La coca arriva a Capo Verde e successivamente nelle coste della Mauritania, attraversa il Mali e il Niger lungo tutto il deserto per raggiungere le località costiere dell’Algeria, della Tunisia e della Libia. Da qui viene contrabbandata in Spagna, Francia e Italia. Anche l’eroina afgana e birmana, che dal Mar Arabico giunge al Corno d’Africa per immettersi sulla rotta del Sahel, sfrutta la favorevole situazione dell’area utilizzando le oramai consolidate direttrici dell’hashish e della cocaina. I narcotrafficanti hanno trasformato Paesi come la Guinea Bissau, il Mali o la Mauritania, nelle loro basi operative, e paesi dell’ex area sovietica e dei Balcani in anelli di congiunzione tra il maggior produttore di eroina al mondo, l’Afghanistan, con il maggiore mercato consumatore, l’Europa occidentale. In tal senso ha giocato un ruolo cruciale la sistematica destabilizzazione di queste aree, si vedano gli esempi lampanti dell’Afghanistan e della recentissima secessione del Kosovo dalla Serbia.
Non va infine sottivalutato il ruolo che nel narcotraffico svolgono mafie di varia origine (turca, cinese, albanese) e partiti armati indipendentisti come l’Uck o il Pkk curdo. (1)

1. Vedi il Quaderno – “La geopolitica della droga e del petrolio”, Polaris, 2006

Tratto da “Polaris – la rivista n.2 – STRADE D’EUROPA” – acquista qui la tua copia

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