Riflessioni

GERARCHIE NUOVE – Tecnocrazia e governance nella democrazia avanzata

In una situazione in cui c’è meno Stato in economia, paradossalmente, ci troviamo di fronte a un protagonismo militare degli Stati stessi. Assistiamo a un progressivo diffondersi del modello governativo della democrazia rappresentativa e, al tempo stesso, a una soprendente concentrazione di potere nelle mani di gruppi transnazionali di tecnici (Managers).

Il processo fin qui riassunto ha portato in primo piano il peso politico dei managers e della tecno-scienza concorrendo a dare alla politica in Europa, ma anche nei paesi del MERCOSUR, un aspetto bifronte: da un lato, sul piano amministrativo, appannaggio di minoranze non elettive, una configurazione fondata sulla competenza tecnica, dall’altro, invece, una configurazione di democrazie rappresentative in cui le tornate elettorali servono a scegliere i delegati politici di forti gruppi tecno-economici ai quali si chiede di essere gli interpreti creativi delle direttive dell’Ue e dei consigli del Fondo Monetario Internazionale.

di Francesco IngravalleProfessore universitario e saggista

Il nome e la cosa

Il processo economico-antropologico denominato “Globalizzazione” (ingl. Globalisation, franc. Mondialisation) è da tempo al centro di accesi dibattiti fra chi la ritiene un fenomeno storico “nuovo” e chi vi vede lo sviluppo di una tendenza che inizia nel sedicesimo secolo. I sostenitori della radicale novità della globalizzazione ne sottolineano la novità in relazione, soprattutto, alla fine del “bipolarismo”, all’accrescimento delle aree geoeconomiche soggette all’Occidente e, inizialmente, alla diagnosi –divulgata da Francis Fukuyama- della “fine della storia” in un mondo progressivamente assoggettato alle logiche del libero mercato. Viceversa, chi vi vede una continuazione della logica della modernità, identificando quest’ultima con la logica di espansione dei mercati capitalistici, rileva i passi avanti compiuti con la rivoluzione dell’elettronica miniaturizzata che ha cambiato la sostanza del contatto interumano; come scrive Wayne Ellwood, “le distanze sono sempre più piccole, e l’informazione si diffonde a una velocità mai raggiunta in passato. Internet e il World Wide Web hanno dato il loro contributo a questo processo, garantendo comunicazioni commerciali più fluide ed efficienti e scatenando ovunque quella che alcuni hanno chiamato la “terza ondata” di crescita economica”.

La diffusione di una cultura sempre più omogenea, ma anche la presenza di culture diverse in contesti originariamente estranei a loro, hanno sostanzialmente reso fluide le identità collettive messe in movimento da un’economia sempre più transnazionale, ma della quale è stato molto opportunamente sottolineato il carattere occidentale. Prontamente è sorto un diritto amministrativo globale che ha comportato, più o meno indirettamente, una attenzione alla tutela dei diritti dell’uomo, senza che questo abbia moderato la distruttività – per i civili – delle guerre; in una situazione in cui c’è meno Stato in economia, paradossalmente, ci troviamo di fronte a un protagonismo militare degli Stati stessi.

Assistiamo a un progressivo diffondersi del modello governativo della democrazia rappresentativa e, al tempo stesso, a una soprendente concentrazione di potere nelle mani di gruppi transnazionali di tecnici (Managers) Larga parte dell’”effetto di paradosso” della globalizzazione scompare se si leggono queste parole: “Ai bisogni, a soddisfare i quali bastavano un tempo i prodotti nazionali, ne succedono ora dei nuovi, che esigono i prodotti dei più remoti climi e paesi. Al precedente isolamento locale e nazionale e all’autosufficienza subentra un traffico universale, una universale interdipendenza delle nazioni. E quel che vale per la produzione materiale, vale anche per la produzione intellettuale”. Sono parole di Karl Marx e Friedrich Engels, scritte nel 1848.

La globalizzazione è il logico punto d’arrivo dell’economia capitalistica sorta dalle rovine dell’ “età di mezzo”. Qualcuno, a metà degli anni Novanta dello scorso secolo, (I. Ramonet) ha parlato di “geopolitica del caos”, ben a ragione se si guarda ai rapporti diplomatici e militari nati dalla fine del bipolarismo, meno a ragione se si guarda ai processi di integrazione economica regionale che stavano e stanno creando un ordine. Un ordine, ancora allo stato embrionale, che non riguarda il solo occidente; un ordine che non ha un progetto, ma che risulta, per eterogenesi dei fini, dall’azione economica di tutti gli attori della scena mondiale.

Dissoluzione dello Stato-potenza e aurora delle unioni regionali

La politica è sempre stata lobbying. Non è strano, dunque, che all’interno di qualsiasi ordine costituito troviamo “gruppi di pressione” volti a indirizzare in un senso a loro favorevole l’uso delle strutture istituzionali e l’applicazione delle leggi. E dato che lo Stato è sempre l’amministrazione della società a vantaggio di una componente sociale (se non si vuole dire “di una classe sociale”) e che le componenti sociali acquisiscono supremazia soltanto attraverso il controllo della produzione della ricchezza sociale, l’internazionalizzarsi della produzione della ricchezza sociale, il suo multinazionalizzarsi e, infine, il suo transnazionalizzarsi hanno comportato l’internazionalizzazione, la multinazionalizzazione e, infine, la transnazionalizzazione dei “gruppi di pressione”, diversi da settore tecno-economico e settore tecno-economico. 

La costruzione europea garantisce la libera circolazione di merci, capitali e uomini e un mercato sostanzialmente unico. Non basta: la finanziarizzazione delle economie dei paesi ex-socialisti grazie ai programmi PHARE ha comportato, nell’arco di un ventennio, il passaggio dal’Ue a 15 all’Ue a 27 paesi membri e la trasformazione dei paesi ex-socialisti in democrazie rappresentative e a regime di libero mercato. Ognuna di queste svolte è stata una risposta articolata a situazioni di grave crisi economica internazionale, con l’obiettivo di creare in Europa un’area di stabilità commerciale e poi, per quanto limitatamente a 16 paesi, monetaria.

Il motore delle decisioni europee è la Commissione la cui logica di funzionamento è tecnocratica, sulle sue proposte codecidono Parlamento Europeo (logica democratica) e Consiglio dei Ministri dell’Ue (logica intergovernativa e diplomatica): la logica tecnocratica si fa logica politica attraverso la codecisione che media le vedute di un corpo rappresentativo eletto a suffragio universale e di un corpo che rappresenta in diverse formazioni gli esecutivi dei paesi membri. Così nasce la politica di un governo tecno-economico su un intero continente. 

Il FMI, la Banca Mondiale e l’esigenza di una Governance mondiale

Governo mondiale dei tecnocrati? Europa dei tecnocrati? Non è così semplice: la tecnocrazia è politica, essa è intimamente derivata, dall’economia, attraversata dalle divisioni fra gruppi di pressione. Sarebbe difficile capire, altrimenti, perché ovunque arrivi la logica tecnocratica le istituzioni si democraticizzino e il mercato si liberalizzi: all’arena politica, con la concorrenza nella ricerca del consenso, fa riscontro l’arena della concorrenza nei mercati. L’Ue non è l’unico caso di integrazione economica: il MERCOSUR (nell’America del Sud), l’ASEAN (nel sud est asiatico), l’Unione Africana sono esempi allo stato nascente di creazioni di mercati comuni e tendenzialmente unici, dotati, in particolare il primo, di istituzioni comunitarie che li differenziano notevolmente dalle altre organizzazioni internazionali. Tutti, allo stato più o meno embrionale, hanno un organismo analogo alla Commissione Ue; tutti, in modo più o meno marcato, mostrano tendenze a far prevalere un diritto comunitario sui diritti nazionali; in tutti tendono a rafforzarsi le istituzioni della democrazia rappresentativa e un controllo dell’autorità comunitaria sul mercato comune e sulle economie dei Paesi membri. La tendenza rilevabile evidenzia la creazione di governi continentali del territorio nell’ambito economico e commerciale e il nuovo rilievo delle élites tecno-economiche. Sicché, al multipolarismo politico sembrano fare riscontro vaste aree economicamente tendenti all’omogeneità. L’integrazione settoriale e l’integrazione dei mercati si configura come la versione soft dell’allargamento dei mercati “classico”.

Si deve notare che il processo che abbiamo fin qui riassunto ha portato in primo piano il peso politico dei managers e della tecno-scienza concorrendo a dare alla politica in Europa, ma anche nei paesi del MERCOSUR, un aspetto bifronte: da un lato, sul piano amministrativo, appannaggio di minoranze non elettive, una configurazione fondata sulla competenza tecnica, dall’altro, invece, una configurazione di democrazie rappresentative in cui le tornate elettorali servono a scegliere i delegati politici di forti gruppi tecno-economici ai quali si chiede di essere gli interpreti creativi delle direttive dell’Ue e dei consigli del Fondo Monetario Internazionale. Muovendoci su questo terreno e limitandoci alla gestione della recente crisi finanziaria, possiamo dire che si è creata una efficace “catena di comando” per cui i consigli del FMI si sono tradotti, nella “camera di compensazione Ue”, in indicazioni concordate dai capi di Stato e di Governo dei Ventisette (1) da attuare in ciascuno Stato. Questa gestione sembra avere chiara la necessità di un “buon uso” della recessione come “rasoio di Ockham” in grado di tagliare le entità economiche meramente speculative e di imporre a tutto l’occidente un’austerity (certamente a senso unico, com’è normale in un’economia capitalista) basata sulla corresponsabilità degli Stati, unici garanti della solvibilità dei debiti (propri e di gruppi di interesse nazionale). Si tratta di una risposta articolata all’esigenza oggettiva di una governance mondiale.

1. Non dimentichiamo che alle sedute del Consiglio europeo, il vertice dei capi di Stato e di Governo, prende parte anche il Presidente della Commissione, l’istituzione caratterizzata dalla logica tecnocratica, il motore del processo legislativo dell’Ue, l’istanza che guida la politica estera economica dell’Ue e che più pesa nelle procedure di allargamento.

Tratto da “Polaris – la rivista n.4 – GABBIE GLOBALI” – acquista qui la tua copia

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