Economia & Finanza

SUPERCONCENTRAZIONE – Quel bancarottiere del Grande Fratello

La globalizzazione porta con se maggiori, non minori, disuguaglianze ed emarginazione crescente di enormi masse; tale fenomeno non si limita agli abitanti dei paesi del terzo e quarto mondo, ma avviene con la stessa intensità nei paesi sviluppati. Il mezzo con il quale il fenomeno si presenta è la CONCENTRAZIONE. Più correttamente si deve parlare di SUPERCONCENTRAZIONE DEL POTERE ECONOMICO E POLITICO.

Nelle ultime due decadi è emersa una sorta di elite globale il cui intreccio di connessioni è diventato più importante dei loro legami con le loro stesse nazioni o governi. Esistono nel mondo circa 6000 persone che influenzano direttamente tutti gli eventi economico-sociali del mondo. Possiamo definirli la SUPERCLASS che effettivamente dirige il mondo. 

Le prime 1000 persone per ricchezza nel mondo hanno la stessa disponibilità finanziaria cumulata delle 2,5 miliardi di persone in fondo alla scala della povertà, cioè circa metà del mondo.

di Vittorio de PedysEx banchiere d’investimento, docente universitario a Torino, Milano, Roma

Da quasi un secolo tutti i governi dei maggiori paesi della terra si impegnano attivamente, quantunque con politiche molto differenti, per combattere le disuguaglianze sociali ed economiche. Che si tratti di liberisti, socialisti, marxisti, comunisti, capitalisti , non vi è mancanza di interventi, tanto pubblici quanto privati, con questo nobile scopo. Gli abissi economico-sociali che distanziano ed influenzano pesantemente la vita di miliardi di persone sono ai primi posti dello sdegno morale individuale e collettivo della nostra era , prima forse di qualunque altra preoccupazione “globale” come la sicurezza e l’ambiente.
Ebbene : stiamo riuscendo a venire incontro a desideri della popolazione del pianeta di una più equa distribuzione delle risorse? La risposta è un sonoro ed inequivocabile no!
Anzi le distanze fra i “fortunati” ed i meno fortunati stanno aumentando; non solo, ma, nonostante tutti i presunti sforzi di cui sopra, la realtà è che tale fenomeno è in aumento ed in accelerazione.
Si potrebbe pensare che la globalizzazione porti con sè soprattutto il diffondersi di una coscienza civile diffusa nel mondo, specialmente vista la grande facilità che il sistema di comunicazione globale rende oggi possibile. Eppure i fatti mostrano che , al contrario, la globalizzazione porta con se maggiori, non minori, disuguaglianze ed emarginazione crescente di enormi masse; inoltre tale fenomeno non si limita agli abitanti dei paesi del terzo e quarto mondo, ma avviene con la stessa intensità nei paesi sviluppati. Il mezzo con il quale il fenomeno si presenta a chi ha occhi per vederlo è la CONCENTRAZIONE. Più correttamente si deve parlare di SUPERCONCENTRAZIONE DEL POTERE ECONOMICO E POLITICO.

Alcuni dati illustrano ampiamente la situazione. 

Le prime 2000 aziende del mondo per fatturato impiegano direttamente ed indirettamente (familiari, fornitori, ecc.) oltre 500 milioni di persone; in altre parole 2000 amministratori delegati o presidenti prendono decisioni che hanno rilevanti effetti economici su una popolazione che è un decimo di quella del pianeta. Ma su 6 miliardi di abitanti della terra, circa 4 non possiedono assolutamente nulla, per cui quei 2000 dirigenti influenzano direttamente la vita di una persona su 4 o su 2 (se estendiamo il numero della aziende) tra quelle che hanno effettivamente qualcosa.
Le prime 1000 persone per ricchezza nel mondo hanno la stessa disponibilità finanziaria cumulata delle 2,5 miliardi di persone in fondo alla scala della povertà, cioè circa metà del mondo. 
I primi 100 hedge funds per dimensione controllano circa il 60% degli assets (cioè degli attivi finanziari e reali ) del mondo. I primi 300 hedge funds controllano circa l’80% delle transazioni finanziarie che avvengono su azioni e derivati.

Circa il 40% della popolazione della Gran Bretagna lavora per imprese che sono direttamente o indirettamente controllate da fondi di Private Equity .
 Per chi non è familiare con i Private Equity, si ricorda che essi sono fondi privati d’investimento, spesso di dimensioni enormi, che si occupano di comprare aziende per poi rivenderle nel giro di massimo 3-5 anni, dopo aver apportato alcuni interventi di “razionalizzazione”, “ottimizzazione” o “efficientamento”. Ciò in alcuni casi ha effetti postivi sulle aziende acquisite, in molti altri significa licenziamenti massivi, chiusura di rami d’azienda, spezzettamento e vendita a blocchi delle conglomerate. Se il track record di questi operatori finanziari è dunque assai dubbio, ma ancora soggetto ad una discussione aperta in merito alla sua utilità, ciò che non è invece in discussione è che enormi masse di persone si trovano a lavorare in aziende controllate da soggetti privati il cui orizzonte temporale è brevissimo e che considerano le attività produttive e le aziende stesse un “portafoglio”, che deve essere fatto ruotare con notevole velocità.

Come ovvio, tale approccio non può conciliarsi con i tempi lunghi necessari ad un sano sviluppo delle imprese (che certo non hanno cicli di crescita di massimo 5 anni) e quindi il grado di incertezza e nocumento che esso inserisce all’interno dell’economia reale è sotto gli occhi di tutti gli osservatori non interessati alla semplice finanziarizzazione dell’economia ma piuttosto preoccupati per lo sviluppo dell’economia reale, cioè di quella dei prodotti, dei servizi, dell’occupazione , che sola è in grado di creare ricchezza per tutti. Se a questa situazione di aumento della pressione aziendale aggiungiamo che questi fondi, quando acquisiscono un’impresa , lo fanno in genere con sofisticate tecniche finanziare “leva”, cioè a debito, appare chiaro che la (grossa) quota addizionale di debito viene letteralmente creata, non per sviluppare l’economia, ma solamente per addossarla alla azienda acquisendo in maniera tale che questa la ripaghi in tempi brevi, stressando la struttura. Ciò consente al fondo di uscire in tempi brevi rivendendo l’azienda, cioè ruotando il suo “portafoglio” in maniera estremamente profittevole per i suoi managers (che normalmente sono anche azionisti) ed a multipli che portano a rendimenti annui storici in media del 35% . Su questo argomento torneremo in futuro per approfondimenti.

Nelle ultime due decadi è emersa una sorta di elite globale il cui intreccio di connessioni è diventato più importante dei loro legami con le loro stesse nazioni o governi. Esistono nel mondo circa 6000 persone che influenzano direttamente tutti gli eventi economico-sociali del mondo. Possiamo definirli la SUPERCLASS che effettivamente dirige il mondo. Essi influenzano gli aspetti militari, religiosi, economici, finanziari, la ricchezza. Ciò si può intuire; meno intuitivo è l’impatto che queste persone hanno non solo sugli aspetti citati della vita, ma, cosa ancor più importante, essi modellano la “saggezza convenzionale” ovvero il pensiero comune (dominante) delle elite e delle masse.

Attenzione: non si sostiene qui che queste persone siano cattive o che esista una cospirazione tra queste persone per la dominazione del mondo. Ma è un fatto che ciò avvenga, così come non è affatto casuale che queste persone si muovano moltissimo e si incontrino spesso in riunioni, forum o club ai quali essi partecipano di frequente. Alcuni di questi clubs sono noti: Davos e l’ Aspen Istitute lo sono, ma Bilderberg, il Carlyle Group, Boao per l’Asia, Carlos Slims father and son gatherings per l’America latina lo sono meno. Qualche statistica interessante su questa sorta di superclass : il 94% di essi sono uomini, la maggior parte sono bianchi (anche se la quota di asiatici raddoppierà continuamente), ma la cosa più incredibile è che il 30% di tutto il gruppo è andato in sole 20 università. Non è necessario spendere molte parole per capire che la costruzione del conventional wisdom, cioè della saggezza comune, di questa classe significa in realtà PER questa classe. Il cui potere forse più invasivo e penetrante è proprio questa capacità di stabilire le idee-guida. Il pensiero dominante, che vediamo in atto da decenni con impressionante uniformità si chiama GLOBALIZZAZIONE. 

Ora con la globalizzazione non solo del mercato, ma del pensiero, le più grandi entità del pianeta non sono più, o non solo, stati nazionali ma entità private globali. Un esempio a caso? La ExxonMobil , il gigante multinazionale privato dell’energia, è piu’ grande della Svezia, sia in termini di fatturato/gdp che di peso economico e politico. Logica vorrebbe che alla crescita di queste entità private e trasnazionali sarebbe giusto contrapporre delle istituzioni internazionali pubbliche con sufficienti prestigio e poteri. Eppure proprio il contrario sembra accadere: le grandi istituzioni internazionali godono negli ultimi decenni di sempre minor prestigio; di potere reale neanche a parlarne, quanto meno non nei confronti dei potenti del pianeta. Si pensi a quanto sono assenti dallo scacchiere che conta l’ONU, il FMI, la Banca Mondiale, il WTO, l’Unctad, la FAO, ecc. Un esempio recentissimo? Goldman Sachs è, come ben noto , la più potente investment bank del mondo. Solo per restare in Italia, ha annoverato tra i suoi consulenti (stipendiati) Romano Prodi e Mario Draghi, nomi familiari ai lettori.

Vi è ampissimo consenso che sono state le immorali acrobazie speculative nei mercati finanziari di attori come Goldmand Sachs che hanno generato la più devastante crisi economica del mondo occidentale dal 1939 ad oggi. In tale crisi l’intero pianeta si dibatte e difficilmente ne uscirà in tempi brevi e senza le ossa rotte, in un esercizio magistrale di privatizzazione dei profitti e pubblicizzazione delle (enormi) perdite. Goldman Sachs ha oggi circa 30.000 dipendenti nel mondo e dopo un anno di vacche magre, il 2008, dove ha guadagnato quasi nulla, ha ripreso tranquillamente a macinare utili nel 2009, a differenza della maggioranza degli altri attori dell’economia, per i quali la ripresa è lungi dal venire. Per questi 30.000 investmente bankers la Goldman Sachs ha già stanziato ben 22 miliardi di dollari, solo a titolo di pagamento di bonus variabile di fine anno per il felice anno 2009. Ripeto la cifra: 22 miliardi di dollari. Pochi mesi fa alla riunione mondiale della F.A.O. a Roma i capi di Stato e di governo NON sono riusciti ad accordarsi per elargire 44 miliardi di dollari alla FAO per combattere la fame nel mondo e la mortalità infantile. Dunque è più facile premiare dei banchieri che sono alla radice del problema economico-finanziario del sistema , con una cifra che salverebbe migliaia di vite umane, piuttosto che il contrario. Incidentalmente si nota che i timidissimi tentativi della democratica e “nuova” amministrazione Obama di porre un freno alla finanziarizzazione dell’economia ed allo scandalo delle remunerazioni dei banchieri non sta sortendo alcun effetto, con buona pace dei contribuenti che pagano il conto finale del disastro e delle politiche universali di riduzione delle disuguaglianze.

Da questo punto di vista ci si permetta di avere più fiducia nella nomina del nuovo commissario europeo al mercato interno, con delega per i mercati finanziari, il francese Michel Barnier. A tale posizione il presidente francese Sarkozy ha imposto questo suo fidato consigliere, specificando, e ce ne rallegriamo, che la nomina è stata effettuata contro gli interessi dei banchieri e del mercato finanziario e con l’intento di riformare i meccanismi perversi di tali mercati. Un plauso può forse essere proclamato per il presidente francese che ha definito lapidariamente la nomina di Barnier a questo posto chiave in Europa “ una vittoria contro l’Inghilterra”. Il primo ministro laburista (?) inglese Gordon Brown sembra non aver gradito l’attacco alla City di Londra, ma chi ha memoria storica non si sorprenderà che gli interessi dell’Europa e quelli anglosassoni non coincidano affatto. Nel caso poi dell’Italia, tale contrapposizione invadente di interessi da parte degli inglesi dura almeno da un millennio e l’”anglofilia” di cui fanno sfoggio alcune elite nostrane non è altro che, sotto mentite spoglie, il sostanziale servaggio a direttive ed interessi anti-nazionali.

Tornando all’aumento recente delle misure delle disuguaglianze, basti un dato indicativo. Negli anni ’60 in America il rapporto fra la remunerazione di un amministratore delegato ed un operaio era circa di 25 a 1; oggi lo stesso rapporto è salito a 350 a 1. Ogni commento sull’ aumentata efficienza di tali dirigenti e delle loro imprese ci sembra inutile. Il rapporto tra il quinto più ricco della popolazione di New York ed il quinto meno ricco era di 8 a 1; ora è 80 a 1.

Si noti che I dati citati nel presente articolo non provengono da qualche oscuro think-tank di parte ovvero da pericolose organizzazioni estremiste , ma sono stati in larga parte tratti dagli studi di David Rothkopf, un esponente con grado di sottosegretario al commercio nella passata amministrazione Clinton, il cui nome tradisce la sua origine. Rothkopf ha preso spunto ed aggiornato gli studi e le scoperte del grande economista italiano di inizio secolo scorso, Wilfredo Pareto (se ne consiglia caldamente lo studio a tutti). Pareto elaborò , oltre al concetto di ottimo che proprio da lui prese il nome universale di paretiano, anche una legge che rilevò in natura e che viene comunemente chiamata del 80/20. Osservando molti fenomeni naturali Pareto si rese conto che la distribuzione degli eventi non corrisponde affatto alla loro importanza. Alcuni eventi hanno un impatto molto superiore a tutti gli altri e, all’incirca, il 20% degli eventi di un dato fenomeno produce l’ 80% dell’impatto. Ad esempio il 20% dei clienti di un’ azienda produce l’80% dei ricavi, il 20% degli sforzi porta l’80% dei ricavi, ecc. Oltre ad importanti implicazioni di natura sia manageriale (è opportuno concentrare gli sforzi operativi solo su quel 20% di fattori prioritari) che tradizionale (i luoghi non sono tutti uguali, i momenti non sono tutti uguali ma hanno “valenza” o peso diverso, quindi forse il tempo non è né evolutivo né lineare) , Pareto fece uso della sua legge nell’importante campo della distribuzione della ricchezza: qualcosa come il 20% delle persone detiene l’80% di tutte le ricchezze. Altri casi? Solo 2 persone nel mondo controllano il 90% delle tesate nucleari; solo due religioni al mondo (e quindi i loro capi) sono seguite da un miliardo di persone; si potrebbe continuare a lungo, gli esempi sono ovunque, a saperli vedere. Ebbene Rothkoff sostiene che la legge di Pareto non solo sia sempre valida oltre cento anni dopo la sua scoperta, ma, nel caso della ricchezza ed in generale del potere economico-sociale, la sua polarizzazione stia aumentando. I dati sembrano proprio confermarlo.

Concludendo: politiche di riduzione delle disuguaglianze politiche, economiche, sociali, di sopravvivenza? Balle! Se Pareto fosse vivo, forse riformulerebbe la sua legge in 10/90, o fra un paio di decenni di politiche illuminate in 5/95.

Tratto da “Polaris – la rivista n.1 – LA PRIMA VERA” – acquista qui la tua copia

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