RiflessioniSpeciale Covid19

DI UNA COSA POSSIAMO RINGRAZIARE IL COVID – Ci ha chiarito che solo l’Europa può permetterci di non morire globalizzati

Il Covid 19 ha accelerato il processo globalista, come ad esempio la cessione di quote di sovranità in campo medico ed economico, ma al contempo ha anche dato un necessario impulso all’unificazione del Continente europeo, pur se tra mille contraddizioni.

di Giancarlo FerraraEsperto di relazioni internazionali

Nel 2000 Toni Negri scrisse a quattro mani con Michael Hardt il libro Impero, che diventò presto un best seller negli USA e ottenne un discreto successo anche in Europa. La tesi fondante espressa dal professore padovano, negli anni ’70 ritenuto l’ideologo dell’autonomia veneta, era che gli Stati-Nazione fossero ormai definitivamente sulla via del tramonto e che la globalizzazione, distrutte le frontiere, avrebbe innescato il conflitto tra l’Impero globalista (USA più i paesi del G8, per il professore) e le cosiddette moltitudini, una versione declassizzata del proletariato e della ormai obsoleta figura negriana dell’”operaio sociale”.

Il Covid ha uleriormente rivelato la crisi della sovranità nazionale

La tesi di Negri è sicuramente singolare e sembrerebbe, a prima vista, smentita ad una lettura superficiale, dal fatto che gli Stati-Nazione continuano a detenere la governance politica e militare. Ma, a ben vedere, gli Stati-Nazione si sono ampiamente trasformati, ed oggi hanno peso solo se facenti parte di un più vasto blocco geopolitico di tipo imperiale, in questo dando ragione a Negri stesso.
Di certo, l’emergenza legata al Covid 19 è solo l’ultima delle questioni che hanno messo in crisi il concetto di “sovranità nazionale” in Europa, posto il ruolo preponderante svolto sia dall’OMS in campo medico-scientifico che il ricorso agli strumenti comunitari come il Recovery Fund, ed il MES per i paesi che maggiormente sono stati colpiti dal conseguente aggravamento della crisi economica.
Nel mondo globalizzato, infatti, quali sono gli Stati che possono vantare una vera Sovranità, cioè un’autonomia politica, economica e militare tale da poter determinare scelte effettive che incidono sul proprio destino nel mondo?
Tolto l’Impero negriano per eccellenza, e cioè gli USA, abbiamo la Cina, potenza economica emergente ma militarmente ancora poco efficiente, abbiamo la Russia, con un gap militare ed economico ancora molto profondo con gli USA, ed avremmo l’Europa, se non fosse ancora un agglomerato di Stati nazionali economicamente forte ma politicamente e soprattutto militarmente inesistente. Tutti blocchi geopolitici imperiali, tranne l’Europa che lo è in nuce.

La globalizzazione è prigioniera dell’ideologia di Francoforte

La globalizzazione economica, giova ricordarlo, è un processo di accelerazione che dal 1989 ha una matrice tutta made in USA e la cui ideologia “mitologica” è di marca prettamente americana, basandosi sull’estensione ad uso economico dei “diritti dell’Uomo“ e della “destrutturazione” del pensiero e delle forme di stampo nazionalistico liberale classico.
Il processo nasce da più lontano e sicuramente l’ideologia del ’68 e l’opera della Scuola di Francoforte di Adorno e Horkheimer ha dato un ottimo contributo, ma che lo Stato nazionale fosse in crisi da tempo lo si era capito sin dagli anni ’30 del 1900. Comunque la globalizzazione utilizza un Mito: il Mito del progresso e della Nuova Frontiera americana, che ha eroso persino la vecchia concezione dello Stato liberale e nazionalista così come lo abbiamo conosciuto.
Il nazionalismo così come lo abbiamo conosciuto nel 900 è morto e sepolto. Nessun tentativo di rianimarlo varrà a nulla, se non per strumentalizzarlo come bau-bau oppure, di converso, perché è fuori dalla Storia.
Ma quel che vale la pena sottolineare è che anche la concezione dello Stato che si occupa di tutto, il Leviatano hobbesiano per intenderci, è ormai in piena crisi di identità e di ruolo. Ci si può accapigliare al suo capezzale per decidere se lo Stato deve avere più o meno competenze in economia, se debba intervenire in aiuto dei meno abbienti o fermare la criminalità, se debba fare questo o quello, ma il tempo è scaduto e gli appelli cadranno tutti nel vuoto.
E se Negri sbaglia ancora una volta, dopo aver creduto nel proletariato industriale, nell’individuare nelle “moltitudini” il soggetto conflittuale rispetto all’Impero USA , fa specie che proprio nel campo nazionalista/sovranista il suo ragionamento abbia trovato involontariamente ascolto.

I sovranisti sono emuli di Toni Negri

Ed in effetti, in Europa, i partiti e i gruppi sovranisti fanno propria la concezione economicista negriana della globalizzazione non per proporre come alternativa ovviamente le “moltitudini“ negriane, ma proponendo invece la riappropriazione da parte dei singoli Stati della “sovranità monetaria ed economica”.
La base di ragionamento, infatti, è quella materialista ed economicista, che trascura oltre ai fattori geopolitici, militari e politici, soprattutto due fattori:
•Il primo è che nella Storia non si torna mai indietro e qualunque tentativo di restaurare il passato è destinato a fallire rovinosamente e non vorremmo citare l’esempio della Restaurazione post-napoleonica per dover dimostrare l’evidenza.
•Il secondo è che al Mito americano o si oppone il Mito europeo e l’unità geopolitica e militare dell’Europa, oppure ogni tentativo di vera Sovranità, a livello europeo, è perso in partenza, specie se ci si limita a discettare di PIL e di Euro o Dollaro, che pure hanno la loro rilevanza pratica.

O l’Europa o la Globalizzazione

Il Covid 19 ha invece accelerato il processo globalista come ad esempio la cessione di quote di sovranità in campo medico ed economico, ma, al contempo, ha anche dato un necessario impulso all’unificazione del Continente europeo, pur se tra mille contraddizioni: il discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato a Bruxelles da Ursula Von der Leyen il 16 settembre ne è una prova.
Era dai tempi di Delors che non si sentiva parlare di un progetto di così ampio respiro che coinvolge temi delicati ed essenziali che possono essere affrontati solo su un piano continentale: la digitalizzazione dell’economia in tutti i paesi europei, la sfida della” green deal” e della sostenibilità ambientale, la creazione di un “cloud europeo” per la conservazione dei dati per raggiungere tra qualche anno la “sovranità digitale europea”.
Anche il Vertice europeo sulla sanità che si svolgerà in Italia è una tappa importante del discorso complessivo che dovrebbe far capire a tutti che la sfida del Covid 19 ha offerto ed offre ampie possibilità di intervento, a patto che non ci si chiuda in un “nazionalismo localistico” di scarso respiro.

Tratto da “Polaris – la rivista n.24 – NuovAnormalità” – acquista qui la tua copia

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