DRAGHI-ERDOGAN: CRONACA DI UN MATCH IN CUI ABBIAMO PERSO LA FACCIA
Mario Draghi con la scusa del sofà-gate attacca Erdogan per attirare l’attenzione di Biden.
La Tripolitania è ormai nella disponibilità della Turchia e senza l’aiuto degli Usa l’Italia in Libia è definitivamente fuori dai giochi.
Ma anche in quest’occasione diplomatica non abbiamo fatto una bella figura.
di Salvatore Recupero
Da più di una settimana si parla insistentemente dello scontro tra Italia e Turchia. A lanciare il guanto di sfida è stato il nostro premier Mario Draghi.
Durante la conferenza stampa dell’otto aprile scorso, Draghi (1) ha attaccato il presidente della Turchia con affermazioni molto pesanti: “Erdogan è un dittatore di cui si ha bisogno. Non condivido affatto il comportamento di Erdogan. È stato un comportamento di cui mi dispiace moltissimo per l’umiliazione che la presidente della Commissione Ue, Von der Leyen, ha dovuto subire”. Poi, non contento, ha proseguito: “Con questi chiamiamoli dittatori bisogna essere franchi nell’espressione della visione della società ma pronti a cooperare per gli interessi del Paese. Bisogna trovare l’equilibrio giusto”.
Per comprendere le parole di Draghi, è bene ricordare cosa è successo alla Von der Leyen.
Il sofa-gate: un cortocircuito mediatico
Qualche giorno prima si era svolto un incontro ufficiale tra la Turchia (rappresentata ovviamente da Erdogan e dal ministro degli esteri turco) e l’Ue (c’era il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, e il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen).
Prima che si svolgesse il bilaterale, Michel si è seduto accanto al Sultano e per un attimo la von der Leyen è rimasta in piedi. Si è seduta subito dopo su un divano di fronte al ministro turco. Inutile dire che è successo il finimondo, anzi è scoppiato il sofa-gate. Tutti i media hanno accusato Erdogan di essere un maschilista per non aver voluto accanto a sé una donna. Inutile dire che molti giornalisti (e non solo loro) avevano preso un grosso abbaglio. Nell’incontro si è rispettato il protocollo. Nella scala gerarchica dell’Ue la carica del presidente della Commissione viene dopo quella del presidente del Consiglio Europeo. Dunque, la polemica si sarebbe dovuta sgonfiare dopo poche ore. Ma così non è stato.
Il motivo lo spiega bene Giuseppe Spezzaferro su Internettuale.net (2). Il giornalista sottolinea come Erdogan abbia preso due piccioni con una fava: non solo mostrando “ai milioni di musulmani che ancora non lo votano come tratta le donne anche se sono straniere”, ma anche mettendo in risalto le divisioni all’interno delle gerarchie Ue. “Lo sanno anche i turchi – spiega Spezzaferro – che non corre buon sangue tra Consiglio e Commissione e ne hanno approfittato”.
Ora Michel è pentito: dice di non dormire la notte per aver occupato quella sedia. Ma, se non avesse rispettato il protocollo sarebbe stato tacciato di paternalismo. Lo scherzetto messo in piedi da Ankara è riuscito: ha fatto scattare il cortocircuito del politicamente corretto.
L’attacco di Draghi e la disputa sulla Libia
Torniamo ora al nostro eroe. In un’epoca priva di cavalieri, Mario Draghi ha preso il loro posto lanciando il guanto di sfida al politico ottomano. Non si è accontentato di condannare il gesto ma, come abbiamo detto, ha anche accusato Erdogan di essere un dittatore.
Non è questa la sede per prendere le distanze dallo slittamento semantico che ha reso sinonimi i termini dittatore e tiranno. Torniamo, dunque, alle reali intenzioni di Mr. Draghi. Davvero il nostro premier voleva fare una bella figura con le femministe, oppure i suoi obiettivi erano diversi? La risposta è scontata. Ma, visto che il presidente è un tecnico, è meglio dare la parola agli esperti.
Ad esempio, l’analista di Limes Dario Fabbri (3). Quest’ultimo (nel corso della trasmissione Omnibus su La7) ha detto: “La questione geopolitica che Draghi vuole mettere sotto i riflettori è che la Turchia è un nostro sfidante in Libia”. Draghi, dunque, pensa alla Libia non certo alla sedia della presidentessa tedesca.
Non è un caso se il nostro premier per la sua prima missione all’estero ha scelto la Libia. In quell’occasione ha lodato l’opera della Guardia Costiera libica (probabilmente addestrata dai turchi) facendo infuriare tutte le Ong. Se però il nostro premier pensa di conquistare terreno sulla Quarta Sponda si sbaglia di grosso. Come ha sottolineato Fabbri: “Draghi non è andato in Libia in senso tecnico, è andato in Turchia. La Tripolitania, nella quale si è recato non è Libia, è gestita dai turchi. Tra l’altro i turchi hanno un afflato imperiale, dove vanno rimangono, gestiscono i servizi, e la Tripolitania è nella loro disponibilità”.
La Turchia non si accontenta della Libia
A proposito dell’imperialismo turco (tema già approfondito dalla rivista Polaris nel 2010) (4) non bisogna dimenticare ciò che avviene nella parte orientale del Mediterraneo. Il 27 marzo la Turchia ha approvato i piani di sviluppo per un enorme canale ai margini di Istanbul, il Kanal Istanbul di 45 km. Questo progetto potrebbe mettere in discussione la Convenzione di Montreux del 1936, nata con lo scopo di regolamentare la navigazione ed il passaggio attraverso lo Stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara ed il Bosforo.
L’accordo restituì il Bosforo alla sovranità turca, ma a condizione che le navi potessero attraversare senza pagare un pedaggio di transito. Il passaggio dal Kanal Istanbul, però, non sarà gratuito: chi passa paga. Inoltre, l’intesa di Montreux limitava la sosta delle marine che non appartengono al Mar Nero: potevano starci solo 21 giorni.
Le nuove regole hanno un impatto geopolitico non trascurabile. Come sottolinea sempre Fabbri: “Gli americani vogliono starci più a lungo per rompere le scatole ai russi che, invece, si affacciano sul Mar Nero da paese autoctono. Il Kanal Istanbul che Erdogan sta pensando consentirebbe agli americani di stazionare lì quanto vogliono e questo dovrebbe evitare alla Turchia rappresaglie statunitensi anzitutto in Libia”.
La Volpe di Ankara così si ritaglia un ruolo da protagonista nel Mediterraneo mettendo alle strette i Greci e rafforzando il suo ruolo nella disputa cipriota (5).
Tutti erano convinti (e forse molti lo sono ancora) che Biden detesti Erdogan. E forse è così, ma questo non conta. In politica estera i migliori accordi si fanno tra coloro che sembrano essere nemici.
Mario Draghi teme, dunque, che il flirt tra Washington ed Ankara possa danneggiarci in Tripolitania. Il nostro premier ha attaccato Erdogan per richiamare l’attenzione di Biden. Dopo la badogliata fatta a Gheddafi, però, possiamo solo sperare che gli americani ci lascino qualche briciola in Tripolitania. Forse, le cose potrebbero andare in maniera differente. Questo ancora non è dato saperlo.
Ci rimane solo una certezza: anche in quest’occasione l’Italia non ha fatto una bella figura. Purtroppo non è la prima volta e sicuramente non sarà l’ultima.
1. Draghi dà del dittatore a Erdogan: ecco il passaggio che ha fatto infuriare Ankara Ansa Video 09 Aprile 2021
https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2021/04/09/draghi-da-del-dittatore-a-erdogan-ecco-il-passaggio-che-ha-fatto-infuriare-ankara_7d0ad003-603e-410e-b9e6-a249694990fe.html2. Ankara-Tripoli. La sedia rapita affonda le navi libiche Internettuale.net di Giuseppe Spezzaferro, 08 Aprile 2021
https://internettuale.net/4538/ankara-tripoli-la-sedia-rapita-affonda-le-navi-libiche3. “Erdogan dittatore”, tensione Italia-Turchia, l’analisi di Dario Fabbri: “Il premier non a caso è andato in Tripolitania, terra ormai turca”, Omnibus-La7 09 Aprile 2021
https://www.la7.it/omnibus/video/erdogan-dittatore-tensione-italia-turchia-lanalisi-di-dario-fabbri-il-premier-non-a-caso-e-andato-in-09-04-2021-3743984. La svolta ottomana – Le profondità strategiche turche Polaris Rivista numero 3 Autunno 2010 di Ermanno Visintainer
https://www.centrostudipolaris.eu/2010/09/01/la-svolta-ottomana-le-profondita-strategiche-turche/5. Cipro: il muro dimenticato Polaris Rivista numero 3 Autunno 2010 di Giancarlo Laganà