Relazioni Internazionali

UNIONE EUROPEA: VERSO LO STATO? – L’unione fiscale può funzionare senza il Welfare?

Se l’asse franco-tedesco riuscisse a creare le basi di una unione fiscale  saremmo all’alba della statualità continentale (un fenomeno che Nietzsche aveva previsto, nella sua teorizzazione della Groβe Politik). Ce lo dice la storia della forma-Stato in Europa.

Lo Stato nasce attraverso la centralizzazione fiscale che gli serve per allestire gli eserciti e svolgere la funzione di stimolante della produzione e della ricerca tecno-scientifica.

Ma storicamente l’identificazione delle società negli Stati, dopo l’avvento della società di massa, è avvenuta grazie ai sistemi di Welfare. 

di Francesco IngravalleProfessore universitario e saggista

“Stiamo già creando un’unione fiscale: per uscire dalla crisi, monitorare di più le regole e sanzionare chi non le rispetta.” Così Angela Merkel nel suo discorso al Bundestag riferito per sommi capi da “Il Sole 24 Ore” di sabato 3 dicembre. Un discorso che è il manifesto dell’accordo franco-tedesco per salvare l’Area-Euro, il nucleo duro dell’UE. Creare una unione fiscale è la premessa per la creazione di un debito pubblico europeo e per potersi porre seriamente il problema di un Welfare europeo. Una sola fiscalità, come già una sola moneta,  un solo mercato, un solo diritto: le premesse per una statualità di dimensioni continentali ci sono tutte. Le dichiarazioni del cancelliere tedesco hanno l’aspetto inconfondibile di una risposta alla sfida sistemica lanciata dalla crisi finanziaria globale.

Chiediamoci:

quale è stata la risposta istituzionale alla crisi? Cioè: quali istituzioni europee si sono mosse, nel concreto?

Quali premesse vengono poste implicitamente alla prospettiva di un Welfare?

1. La risposta alla crisi finanziaria ha visto come protagonisti il “direttorio” franco-tedesco e la Banca Centrale Europea; se volessimo procedere per via analogica, come in uno Stato-nazione una crisi finanziaria è affare dei Ministeri le cui aree di competenza sono toccate dalla crisi e, in senso lato, del governo che incarna, al momento, l’esecutivo, così nell’UE , nella quale non esiste un esecutivo distinto dal legislativo, sono entrati in azione i poteri costituenti. Si potrebbe obiettare che tutti gli Stati membri hanno deciso, in un apposito vertice dei capi di Stato e di governo, il Trattato di Lisbona attualmente in vigore. Obiezione formalmente corretta alla quale si deve opporre una constatazione: non tutti gli Stati membri hanno il medesimo peso nella vita dell’UE; il peso della Francia sotto il profilo politico e quello della Germania sotto quello economico è evidentemente superiore a quello degli altri Paesi. Si tratta di un fatto di lunga durata: la CECA, la CEE, l’Unione Europea uscita dal Trattato di Maastricht sono realtà eminentemente (anche se non eslusivamente) franco-tedesche, interamente costruito sui parametri generali germanici è la moneta unica il cui aspetto di cooperazione rafforzata fra una parte dei paesi dell’UE è difficilmente sopravvalutabile. L’anima dell’Euro – sotto attacco da parte della speculazione transnazionale – è franco-tedesca. Perciò ad agire sul piano propositivo, in prima battuta, non si è trovato il “triangolo istituzionale” (Commissione Europea, Parlamento Europeo, Consiglio dei Ministrri dell’Unione Europea), bensi la Banca Centrale Europea, la formazione ECOFIN del Consiglio dei Ministri, gli esecutivi di Francia e di Germania. Ricordiamo che, come diceva Carl Schmitt, sovrano è chi decide sullo stato di eccezione, chi decide che c’è una situazione d’emergenza; in questo caso, dalla Germania sono partite proposte ‘decisive’, in grado di avere un peso incomparabile su quello che sarà deciso.

Che cosa ha proposto la Germania?

– controlli preventivi  sui conti pubblici degli Stati membri dell’Euro, con la possibilità di imporre modifiche in itinere alle misure nazionali e di adottare sanzioni automatiche in caso di mancato rientro dal deficit (a es. il ritiro dei fondi strutturali)

– ogni Paese dovrà creare un fondo speciale  di rimborso per la parte eccedente  il 60% del PIL, con le entrate fiscali. Non sarebbe messo in comune il debito in eccesso (come pure era stato proposto)

–  Prima che esista una effettiva unione fiscale è inutile parlare di “Eurobonds”, perché questi comporterebbero la responsabilità congiunta del debito impensabile senza una ‘fiscalità’ unitaria e ben governata attraverso regole rigorose.

– la Banca Centrale Europea  ha esclusivamente la funzione di stabilizzare finanziariamente l’Unione e ne va ribadita l’indipendenza. In effetti il cuore della Banca è costituito dai governatori delle banche centrali dei paesi dellAarea Euro; essa non dipende da alcuna autorità, in compenso gli Stati membri dell’Area Euro dipendono dalla sua autorità.

2. L’impatto sociale dell’attuale crisi debitoria si sta rivelando sempre più grave e devastante. Inutile osservare che lo standard  di vita italiano continua a essere pregevole: è un pregio fondato sulle possibilità residuali di fare debiti o di godere degli ultimi frammenti dei debiti già contratti (dal finaziamento contratto per fare le vacanze al mutuo della prima casa, all’utilizzo delle carte di credito). Il ben noto lealismo italiano alle istituzioni della democrazia rappresentativa, al tempo dell’emegenza-lotta armata, derivava – al netto della retorica italica –  dall’efficacia del Welfare italiano; in quell’occasione le istituzioni “hanno tenuto” perché i sistemi di previdenza e assistenza, attivi in definitiva dall’età giolittiana e dal ventennio fascista, hanno creato un’identità sociale forte.

Da tempo gli esecutivi italiani tracheggiano sulle misure che devono prendere non soltanto perché l’Italia possa rimanere nell’UE, ma perché l’Italia non vada tecnicamente in fallimento; alla fine è toccato a un governo tecnico (cioè a un governo non vincolato dal gradimento delle masse elettorali) prendere misure che minacciano di inasprire le condizioni di masse già relativamente benestanti e ora messe di fronte a uno scenario di impoverimento: neppure un governo tecnico poteva osare di levare la mano sulle sperequazioni fiscali.

L’UE guarda alla crisi molto dal punto di vista di una sana economia e molto poco dal punto di vista di una sana economia sociale. Il pareggio di bilancio auspicato in ciascuno Stato membro dell’Area Euro avrà un significato sociale e, quindi, politico soltanto se saprà risolvere i problemi sociali del progressivo impoverimento delle società civili dell’Unione. I diversi modelli di Welfare obbedivano a una logica portata alla sua massima coerenza dal fordismo: disinnescare il conflitto sociale integrando concretamente il mondo del lavoro nel godimento della ricchezza che esso stesso ha prodotto. È la logica del riformismo socialista, dei fascismi, del New Deal roosveltiano, di larga parte del cristianesimo sociale e anche della democrazia progressiva del comunismo post-staliniano (basti pensare a Palmiro Togliatti). Una logica che l’asse franco-tedesco dovrà riprendere e tentare di adattare alla realtà produttiva e sociale post-fordista, con i suoi capitali liberi, le sue delocalizzazioni produttive, il suo considerare i diritti del lavoro come ostacoli a un profitto che, poi, non è soggetto a redistribuzione alcuna (nemmeno attraverso i sistemi fiscali). L’alternativa potrebbe essere una conflittualità endemica, nei Paesi più deboli economicamente. Come l’Italia. Un Welfare continentale è un’esigenza vitale per l’UE che rischia simultaneamente l’esplosione dell’Area Euro e la disintegrazione sociale.

3. Se l’asse franco-tedesco riuscisse a creare le basi di una unione fiscale saremmo all’alba della statualità continentale (un fenomeno che Nietzsche aveva previsto, nella sua teorizzazione della Groβe Politik). Ce lo dice la storia della forma-Stato in Europa. Lo Stato nasce attraverso la centralizzazione fiscale che gli serve per allestire gli eserciti e svolgere la funzione di stimolante della produzione e della ricerca tecno-scientifica. Ma storicamente l’identificazione delle società negli Stati, dopo l’avvento della società di massa, è avvenuta grazie ai sistemi di Welfare. È vano aspettarsi che si sviluppi un sentimento di appartenenza nelle masse continentali dalla pura consapevolezza giuridica o da una incerta “pedagogia politica” che non regge il confronto con strumenti educativi della portata di internet. Soltanto nella misura in cui l’UE saprà sviluppare fino in fondo l’unità fiscale in tutte le sue conseguenze essa potrà sottrarsi a un’implosione che non riporterebbe le cose com’erano prima, allo stesso modo che una bomba lanciata contro un edificio sorto nel posto dove ce n’era un altro non fa risorgere quest’ultimo.

I tempi stringono e le conseguenze sociali di una politica di sacrifici manifestamente unidirezionali potrebbero essere molto pesanti, soprattutto (ma non soltanto) in Italia e in Grecia. 

Tratto da “Polaris – la rivista n.8 – GLOBAL OCTOPUS OPPURE NO?” – acquista qui la tua copia

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