L’Autonomia differenziata non è solo un problema italiano
Come la problematica rientra in un gioco a fisarmonica tra Stato e Regioni che riguarda un po’ tutti
È in corso una disputa sull’Autonomia differenziata che talvolta assume i contorni del grottesco visto che tra i suoi oppositori si annoverano persone che votarono per inserirla in Costituzione.
Senza entrare nel merito della legge approvata dal Parlamento, evitando di partecipare alle schermaglie demagogiche, soffermiamoci sulle dinamiche che questa cerca di regolamentare.
Bisogna capire che si è passati da un periodo di cosiddetta “devolution”, legata ad una condizione di relativa ricchezza e di maturità capitalistica, a un’era nuova, contrassegnata dalle concorrenze globali determinate dal boom asiatico, dalla demografia a saldo negativo e da una relativa deindustrializzazione.
In queste congiunture sia i paesi in crescita che quelli in declino hanno dovuto ricorrere ad una miscela di localismo e di dirigismo centralizzato.
Modi, in India, non è riuscito a compiere la rivoluzione silenziosa che avrebbe dovuto permettere a Delhi di diventare un competitor di primo piano in tempi brevi perché le sue riforme neo-centralizzatrici sono state affossate in numerosi Stati dell’India e questo ha obbligato il governo a una politica più misurata.
La stessa problematica che ci poniamo noi nei confronti delle Regioni, cui l’autonomia venne concessa nel 1970, riguarda anche altri.
Diamo un’occhiata a un vicino, la Francia e a un lontano, la Cina.
La Francia e le Regioni tra giacobinismo e autonomia
La Francia, modellata su logica giacobina, tardò molto nella strada della decentralizzazione.
La legge proposta dal generale De Gaulle venne bocciata nel referendum del 1969 e causò le sue dimissioni da Presidente della Repubblica.
Venne poi riproposta e attuata da Mitterrand con due leggi nel 1982 e 1983.
Quella scelta di sussidiarietà portò a lungo benefici locali e consentirono di superare lo storico provincialismo nei riguardi di Parigi.
Il contraltare fu il calo di dirigismo, cosa che indebolì la struttura stessa della V Repubblica.
Così nel 2003, con Chirac, una nuova “decentralizzazione” ha di fatto consentito al governo centrale di controllare le spese e le attuazioni. Un po’ quello che si vorrebbe fare da noi oggi con l’Autonomia Differenziata.
Tra i due poli (governo e regione) i comuni hanno intrapreso cooperazioni di finanziamento e sviluppo determinando la “intercomunalità”.
Nuovi interventi legislativi, nel 2010 (Sarkozy) e nel 2015 (Hollande), hanno reso quest’intercomunalità obbligatoria, favorendo anche la creazione di consociativismi intercomunali particolarmente corposi determinando quella che viene definita “supercomunalità”.
Una sorta di soggetti intermedi tra Stato e Regioni.
Il processo, come si può notare, è tutt’altro che concluso, subisce dei moti ondulatori e prova ad adeguarsi alle nuove sfide e alle nuove esigenze.
La Cina tra centralizzazione ed equilibrismi
La Cina è da sempre alle prese della dialettica tra centralizzazione e decentralizzazione.
Visto il destino che Xi Jiping attribuisce al gigante giallo, quello di diventare la prima potenza mondiale, la nuova tendenza è ulteriormente centralizzatrice.
Va detto che la storia cinese moderna è influenzata, se non determinata, dalla dialettica tra le grandi provincie e che avvenimenti maggiori, come la repressione di Piazza Tien an Men nel 1989 a Pechino, sono stati causati o impegnati dalla guerra tra di esse. Sicché la scelta di Xi non è agevolissima. È stata inaugurata dalla riforma del 2016 che aumentava il potere finanziario centrale, riducendo le responsabilità di spese locali.
Anche in Cina, come da noi, la concessione di ampie autonomie era servita a distribuire denaro e creare consociativismo e consenso passivo, chiudendo più di un occhio sul parassitismo e sulla corruzione. Agli inizi del Duemila, sfruttando queste possibilità, delle vere e proprie città fantasma dell’interno crearono una enorme bolla immobiliare che ha poi rischiato di affossare l’economia nazionale. Non succede solo in Occidente.
Pechino ha bisogno di recuperare autorità per dirigere la Cina nella sua sfida globale e nella sua concorrenza con gli Stati Uniti. Ma farlo non è agevole e si sta interrogando su come definire un nuovo rapporto centro-locale.
Questi sono elementi di confronto che andrebbero considerati per il futuro dell’autonomia differenziata, visto che stiamo entrando in un’epoca in cui la re-industrializzazione si rende indispensabile e un nuovo ruolo dello Stato servirà a regolamentare la decentralizzazione.
di Gabriele Adinolfi