LA VITTORIA DI FAANG – La nuova normalità non si può prevedere appieno, ma qualcosa è già evidente
La “nuova normalità” non sarà determinata dalle “lezioni” apprese durante la pandemia, perché la massa non impara “lezioni”, ma sarà piuttosto plasmata da vincitori che oggi è prematuro cercare di individuare nella loro totalità.
Almeno un vincitore, a livello politico, sociale e culturale, tuttavia c’è già: l’universo Faang, ovvero il mondo dominato da Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google.
di Adriano Scianca – Scrittore e giornalista
Mi ha sempre colpito un aneddoto raccontato da James Hillman circa un pazzoide che era convinto di essere morto. Il suo psichiatra, avendo sperimentato l’inutilità di porlo di fronte all’evidenza, alla fine gli chiese: «I morti sanguinano?». «Certo che no. Lo sanno tutti che i morti non sanguinano», rispose il tizio. Al che il medico si voltò di scatto e gli punse il dito con uno spillo. Ne uscì una goccia di sangue. «Ma guarda un po’, chi l’avrebbe mai detto. I morti sanguinano, eccome», fu la risposta del malato. È una storiella che illustra bene la tenace persistenza dei pregiudizi, a dispetto dei feedback che arrivano dal mondo esterno. Non si tratta di un meccanismo che riguarda solo i malati di mente, come quello di cui raccontava Hillman: sono gli uomini in genere a credere di trovare, nella realtà, solo le conclusioni che essi già in anticipo si aspettavano di trovare. E, se capita qualcosa di inaspettato, si tiene ferma la conclusione e semmai si cambiano i parametri iniziali, in un capovolgimento del metodo scientifico.
L’epidemia di Covid-19 non fa eccezione
Nel diluvio di analisi, approfondimenti, diari dalla quarantena, racconti su come il virus «ci starebbe cambiando», si può constatare come ognuno abbia creduto di poter riscontrare nella pandemia la conferma dei propri pregiudizi: per i sovranisti, il virus conferma l’importanza degli Stati sovrani, per i globalisti della collaborazione planetaria, per gli europeisti dell’Europa unita. I comunisti vi hanno visto la prova della inaffidabilità del capitalismo, i nazionalisti la centralità dei simboli identitari, i razionalisti hanno esultato per la scienza che si riprende il centro della scena, gli antiscientisti hanno celebrato il funerale delle certezze mediche e così via. Quando si dice che il virus cambia tutto, che ne usciremo trasformati, o addirittura migliori, si intende sempre che a imparare dai propri errori debbano essere gli altri, quelli che non la pensavano come noi.
Tendo quindi a escludere che il mondo del post-Covid possa cambiare in seguito a una qualche presa di coscienza collettiva, di qualsiasi tipo. Dal punto di vista della consapevolezza generale, la nuova normalità sarà esattamente uguale a quella vecchia. Si aggiunga un altro elemento: si sottovaluta spesso la memoria straordinariamente corta delle masse, soprattutto nell’epoca presente. A cambiare gli umori collettivi è sempre l’ultimissima notizia, di quelle precedenti nessuno si ricorda. Si veda, per esempio, la Cina, il cui modello ha pesantemente vacillato di fronte alle gravi responsabilità nella diffusione del virus ma che oggi può tranquillamente presentarsi all’interno e all’esterno come un modello di efficienza. È un meccanismo che vale per tutti. Nulla, per esempio, autorizza a pensare che i politici populisti, presentati mediaticamente come inetti e irresponsabili di fronte al contagio, non possano domani catalizzare la rabbia post epidemica e rinviare il loro funerale politico annunciato. Per inciso: non sto qui entrando nel merito delle misure giuste o sbagliate per contenere il Covid, e infatti ho parlato di meccanismi mediatici, anche se l’atteggiamento da adulti irrisolti che spacciano la propria incompostezza adolescenziale per anelito alla libertà mostrato da tutti gli esponenti di tutte le destre, radicali e moderate, meriterebbe un approfondimento spietato, ma sicuramente in altra sede.
Questa lunga premessa serve a spiegare quanto sia difficile immaginare oggi la normalità verso cui ci avviamo, una volta che l’emergenza sanitaria sarà archiviata. Normalità che non sarà determinata dalle «lezioni» apprese durante la pandemia, perché la massa non impara «lezioni», e che sarà piuttosto plasmata da vincitori che oggi è probabilmente prematuro cercare di individuare nella loro totalità. Almeno un vincitore, a livello politico, sociale e culturale, è tuttavia già facilmente individuabile: l’universo Faang, ovvero il mondo dominato da Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google. Tutti gli indicatori segnalano come i colossi dell’hi tech abbiano incrementato sensibilmente gli incassi in una congiuntura di brutale recessione generalizzata. Ma, ancor più dei conti della serva, conta soprattutto la loro affermazione culturale e politica. Con in più l’amarissima ironia della sorte per cui la crisi epidemica fa arricchire multinazionali che pagano poche o nessuna tassa negli Stati in cui operano e nel frattempo i medesimi Stati patiscono in maniera tragica i tagli alla sanità pubblica e la carenza di liquidità che deriva anche da quella mastodontica evasione fiscale legalizzata.
In estrema sintesi, potremmo identificare la vittoria di Faang, e le sue evidenti ricadute sulla nuova normalità, attraverso tre direttrici.
Vittoria politica
I big della Silicon valley costituiscono da tempo una potenza politica, con risorse economiche pressoché infinte, capacità propagandistiche sterminate, facoltà di sorveglianza, monitoraggio, schedatura come mai nessuna potenza politica ha mai avuto. Hanno una loro agenda ben precisa, che perseguono con ferocia. Tutto questo impatterà sempre di più sugli equilibri globali. Resta da capire quanto questo potere crescente andrà a saldarsi o, viceversa, a scontrarsi con il potere politico americano (nel momento in cui scriviamo le presidenziali Usa non hanno ancora avuto luogo). Ma Faang sarà sempre di più una potenza con cui fare i conti. Per importanza, e anche per ideali ed esiti ultimi, si tratta di una riedizione postmoderna di quella che fu l’Internazionale comunista.
Vittoria antropologica
I grandi dell’hi tech impongono una visione ben precisa dell’uomo e della socialità. Se un tempo il progresso tecnologico eccitava il senso dell’uomo per l’altrove, per il lontano, per l’ignoto, per il veloce, per l’avventuroso, ora la tecnica coltiva un uomo casalingo, chiuso in un loculo di comfort. Stai a casa ma hai lo stesso i tuoi amici e il tuo surrogato di piazza in cui protestare (Facebook), il tuo cinema (Netflix), dal tuo divano puoi osservare il mondo (Google). Anche il sesso è a portata di mano senza doversi spostare e intrattenere spiacevoli contatti con l’esterno (YouPorn). Qualsiasi altra cosa ti serva dal mondo lì fuori, ti viene consegnata direttamente sul pianerottolo (Amazon). Si tratta di un meccanismo in atto da tempo, ma che ovviamente con il lockdown si è incrementato e ha fidelizzato anche chi era rimasto attaccato alle vecchie abitudini. Non si tratta, ovviamente, di rimpiangere moralisticamente il vecchio mondo del pizzicagnolo all’angolo, ma di prendere atto di una modificazione oggettiva.
Vittoria sociale
Lo strapotere di Faang comporta anche l’imposizione di un modello sociale specifico, che distrugge ogni attività di prossimità, basato su un assetto monopolistico di fatto, con organizzazione e ritmi da «taylorismo digitale». Non manca in compenso un paternalistico intento rieducativo del lavoratore, che magari sarà costretto a pisciarsi addosso pur di rispettare i ritmi folli imposti dall’azienda, ma in cambio riceverà tutte le informazioni utili sulla diversity e come rapportarvisi. Non avrò tempo per la pausa pranzo, ma saprà perfettamente come rivolgersi a un transgender nano albino.
La nuova normalità sarà privatizzata, solitaria, sorvegliata e proletarizzata.
Buona epidemia a tutti!
Tratto da “Polaris – la rivista n.24 – NuovAnormalità” – acquista qui la tua copia