Politica interna

L’ingiustizia della riforma della giustizia

Tempi duri per i magistrati che, in diverse fasi del processo, potrebbero esser sostituiti dall’IA. Eppure la faziosità non paga: sicuri che una eventuale riforma debba esser moralmente scelta dall’esecutivo?

Piuttosto evidente il contrasto tra esecutivo e giudiziario. Il Comitato direttivo dell’Associazione Nazionale Magistrati (Anm) ha inviato al Csm una delibera volta a sollecitare l’indipendenza della magistratura evidenziando in più passaggi “attacchi per screditarla”. La sensazione è che si stia preparando il terreno a riforme totali sia della Corte d’Appello che del principio di controllo della legalità.

Le radici del contrasto, checché se ne dica, sono piuttosto antiche, ma comunque tutte contestualizzabili nel campo di esistenza della democraticità; ma se da un lato viene spesso messa in discussione l’indipendenza delle toghe dall’altro si discute piuttosto raramente degli errori giudiziari. Facciamo chiarezza.

Errore giudiziario: definizione

Il sistema giudiziario italiano, naturale culla del diritto romano grazie ai barbari, ha una millenaria tradizione togata che gli permette di insegnare al mondo. Già coi romani si affrontò la questione del celebre Quis custodiet ipsos custodet? a sorvegliare il principio di sorveglianza dei sorveglianti. Pare altrettanto strano quindi che non esista un organo ad hoc a controllare, e conteggiare, gli errori, solo archiviati qua e là da associazioni e dal Ministero degli Interni.

Possiamo però definire “errore” l’insieme di condanne ingiuste, assoluzioni errate ed errori procedurali. E se all’ascoltatore televisivo medio fa scalpore la condanna ingiusta, non possiamo eliminare dal novero anche le assoluzioni, manco a discolpare il giudice causa elevata preparazione dell’avvocato di turno. È altrettanto vero che i giudici interpretino le norme prima di applicarne le sanzioni, presupponendo un processo di comprensione della contemporaneità che va dalla psicologia al modus vivendo del processato.

Complessità. Complessità dapprima osannata a livello dottrinale, poi screditata in quello giurisprudenziale. Ma se l’ermeneutica giuridica merita un articolo a parte, occorre stabilire fin da ora che l’errore, a prescindere dalla sua natura, abbia delle forme di compensazione stabilite per legge:

  • revisione: molto diffusa nella fattispecie penalistica, comporta ulteriori costi tanto per il reo che per i giudici;
  • ricorso in Cassazione: poco diffuso ma unico modo per sollevare e sentenziare un errore interpretativo o materiale;
  • risarcimento danni: somma di danaro per le vittime di errori.

Verrebbe da chiedersi se un condannato ingiustamente che abbia già scontato venti anni di reclusione possa trarre giovamento, o riequilibrare gli interessi, tramite una somma di danaro, ma anche questo sarebbe un tema tra il legale e il morale che non è ora rilevante.

Un po’ di dati

Andando nello specifico, ecco cosa sta accadendo nel Bel Paese negli ultimi decenni:

Richieste di revisione delle condanne:

  • Ogni anno vengono presentate circa 1.000 richieste di revisione delle sentenze.
  • Di queste, circa il 15-20% porta a una modifica della condanna (annullamento, riduzione della pena, etc.).

Risarcimenti per ingiusta detenzione:

  • Dal 2017 al 2022, l’Italia ha registrato un aumento del 10-15% nel numero di risarcimenti per errori giudiziari (ingiusta detenzione).
  • In media, le persone risarcite ricevono tra 30.000 e 50.000 euro per anno di ingiusta detenzione.

Casi di errore giudiziario:

  • Ogni anno vengono documentati circa 150-200 casi di errori giudiziari (condanne ingiuste annullate).

Compensazioni:

  • Nel periodo 2017-2022, lo Stato italiano ha erogato circa 10 milioni di euro all’anno per compensare le vittime di ingiusta detenzione.
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Se le cifre della compensazioni restano piuttosto esigue, è pur vero che negli ultimi dieci anni si sia registrato un aumento di quasi due decimi dei casi di ingiusta detenzione. Un dato preoccupante se si considera che non si viva né sotto la Santa Inquisizione né sotto a uno Stato etico. Qualcosa non quadra e, forse, la magistratura dovrebbe spingere più per ideare nuovi modi per sentenziare condanne certe che presunzioni aprioristiche di indipendenza.

La regolamentazione giuridica nella quale la magistratura non può sottrarsi ai vincoli di solidarietà e giustizia probabilmente va rivista, quantomeno ri-contestualizzata in una società de-individualizzata ma pur sempre sociale.

Che il vero errore sia far discorrere di magistratura al retore politico?

di Daniele Martignetti

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