Il velo della post-verità: manipolazione e illusione nella società moderna
In data 2 dicembre 2023, l’ennesimo bombardamento israeliano contro il campo profughi di Jabalya ha causato la morte del professor Sufyan Tayeh, stimato ricercatore nel campo della fisica e della matematica applicata, rettore dell’Università di Gaza, e di tutta la sua famiglia. La strage non ha trovato, salvo rarissime eccezioni, spazio nei media. Si tratta di una tecnica ben collaudata: se alcune notizie sono in controtendenza con la narrazione dominante – diritto di Tel Aviv a difendersi e a eliminare il terrorismo palestinese islamista; necessità di tutelare la centralità di Israele nello scacchiere vicino orientale etc.etc. – vengono occultate per dare visibilità ad ogni elemento utile a stabilizzare una situazione, platealmente illegale, illegittima e contraria ad ogni norma del Diritto internazionale. Sembra un’applicazione del celebre principio gnoseologico del filosofo irlandese del XVIII secolo George Berkeley: Esse est percipi, cioè l’essere di un oggetto consiste nel venir percepito dalla coscienza soggettiva. Per logica conseguenza, se qualcosa non rientra in tale dominio, di fatto non esiste.
Si potrebbero apportare molti altri esempi, così come mettere in rilievo tutte le forme di “distrazione”, volte ad enfatizzare aspetti particolari e insignificanti, da un punto di vista storico, o fatti di cronaca di bassa contingenza, al fine di distogliere l’attenzione su questioni realmente rilevanti. Si vedano tutte le polemiche fittizie intorno a presunti pericoli di ritorno del Fascismo in Italia, con tutto quanto ne consegue.
Negli anni Sessanta dello scorso secolo, Guy Debord definì l’essenza del mondo contemporaneo come “società dello spettacolo”. È dotato di senso soltanto ciò che appare, mentre, ciò che esula dalla sfera presentata come oggettiva dall’élite dominante, non esiste, è un nulla. In questo quadro generale, l’individuo è un semplice spettatore, un fruitore passivo di una rappresentazione pre-figurata, pre-confezionata da chi detiene il monopolio dei mezzi di informazione. Secondo il pensatore francese si tratta di una evoluzione del trionfante capitalismo che non ha più bisogno di strumenti coercitivi, di orwelliana memoria, per esercitare, a livello globale, il suo potere, ma stabilizza il proprio primato, sui corpi e sulle anime di masse sempre più anonime e indifferenziate, attraverso un’opera costante, insidiosa e subdolsa, di persuasione e disinformazione. L’uomo massa è spinto a comportarsi da consumatore acritico: il suo valore dipende dagli interessi del mercato. È un’entità facilmente manipolabile: ritiene, questo tipo umano, di essere libero, non comprendendo di trovarsi in una sorta di carcere, o, per meglio dire, di caverna platonica. Ritiene di esercitare una sorta di libero arbitrio schierandosi per il sì o per il no nei confronti di problematiche indotte dall’apparato, non rendendosi conto di far parte della medesima logica, e di rafforzare, anche attraverso uno pseudo-dissenso veicolato dai cosiddetti “social”, quello che un tempo era definito “il sistema”.
Questa situazione appare oggi, a distanza di qualche decennio, ancor più chiara e coerente. Il “sistema” è privo di qualsivoglia Visione del Mondo: tutto è ridotto a quantità, materialità, edonismo primario e grossolano, ammantato dalla cura e tutela dei cosiddetti diritti civili. Non vi è alcun fine da raggiungere: si vive in un eterno presente, in una scenografia dove tutto deve essere prevedibile. La “verità” è lo spettacolo stesso, di cui ogni individuo è complice più o meno inconsapevole. Non è casuale il fatto che, da qualche anno, si è coniato il termine di post-verità, qualcosa di fluido, manipolabile a piacimento. Non è il soggetto singolo a decidere che cosa esista o che cosa sia vero o falso. Che la narrazione ufficiale non corrisponda alla realtà oggettiva è palese. La cosiddetta “informazione” si basa su tutta una serie di tecniche “sofistiche”, già evidenziate dal pensiero antico. Un uso spregiudicato del mezzo linguistico è in grado di costruire un mondo fittizio parallelo. La retorica, intesa come arte della persuasione, riesce a determinare un’atmosfera da cui è arduo uscire. Riesce, tale persuasione, a dare, in modo subliminale, le coordinate di ciò che è presentato come “reale” e come “vero”, ma che del reale e del vero ha soltanto l’apparenza. Ed è un linguaggio impoverito e primitivo, binario nella sua essenza. Porta alla creazione di schieramenti paragonabili a tifoserie prive di un’autentica coscienza, che in fondo tendono ad equivalersi nella loro grossolanità e inconcludenza.
Porta all’esaltazione di ignoranza della Storia passata e dello stesso mezzo linguistico: paralogismi e circoli viziosi hanno preso il posto del ragionamento consequenziale e delle sue regole; slogan ripetuti ossessivamente si sostituiscono in modo surrettizio ad affermazioni dotate di senso logico; la semplice modalità polemico-oppositiva si è imposta ad ogni tipo di dialettica e di analisi critica; neologismi forvianti e un uso distorto dei termini impediscono la conoscenza di dati reali.
Urge dunque un’azione controcorrente, paragonabile a quella svolta, per tornare a Platone, dal prigioniero della caverna che riesce a spezzare le catene
dell’illusione e della mistificazione tipiche della post verità, scorgendo la luce del Vero.
Giuseppe Scalici