Editoriale

La guerra dei dodici giorni. Logiche, strategie e propagande

Tutto quello che non vien compreso. Effetti collaterali più propagandistici che militari. E nel frattempo, Tehran avrebbe ripreso ad armarsi nuclearmente.

La cosiddetta guerra dei dodici giorni tra Israele e Iran, con coinvolgimento diretto degli Stati Uniti, è iniziata la notte tra il 12 e il 13 giugno, quando Tel Aviv, tramite l’Operazione Leone Nascente, ha colpito obiettivi iraniani che, secondo quello che trapela, sarebbero tutti e quattro i sistemi S 300 russi in Iran, compromettendone le capacità difensive tattiche; raffinerie e depositi di carburante (Shahr Rey, Najafabad, Fajr-e Jam, South Pars, impianti vicino a Tehran) sono stati incendiati o danneggiati.

Altri obiettivi raggiunti: depositi missilistici nella zona di Kermanshah: colpiti da bombardamenti notturni con esplosioni secondarie visibili anche da Baghdad, centrale elettrica e stazione radio a Dezful disattivate. La propaganda israeliana ha preteso unilateralmente di avere inferto un colpo duro al nucleare iraniano.

Come “effetti collaterali” un palazzo residenziale a Teheran (Nobonyad Square) è collassato in parte, causando decine di vittime, inclusi bambini; l’Ospedale Farabi a Kermanshah è stato pesantemente danneggiato; One Holding Tower a Qasr-e Shirin e lo stabilimento Farda Motors a Borujerd hanno subito danni estesi. Anche l’aeroporto Tabriz è stato colpito e temporaneamente chiuso.

La risposta iraniana (da 150 a 1000 missili a seconda delle fonti) ha raggiunto diverse aree. La più colpita Ramat Aviv (Tel Aviv) ammonterebbe a 23 feriti e strutture residenziali danneggiate. In Bat Yam, un edificio residenziale è stato centrato, causando almeno 7 morti (inclusi bambini) e circa 200 feriti. Numerosi edifici residenziali a Ramat Gan sono stati completamente distrutti (nove) o danneggiati (centinaia), costringendo circa 100 famiglie a lasciarli.
La propaganda di Teheran pretende di avere colpito la sede del Mossad e forato più volte lo scudo satellitare Iron Dom.

Intorno allo scambio di missili ogni parte ha preteso di avere praticamente inginocchiato l’altra, ma non ha addotto elementi probanti che si possano considerare davvero affidabili.

La notte tra il 21 e il 22 giugno gli Stati Uniti sono intervenuti direttamente lanciando l’operazione “Midnight Hammer” (Martello di Mezzanotte), bombardando in profondità tre principali siti nucleari iraniani – Fordow, Natanz ed Esfahan – con bombe guidate da B 2 stealth e missili Tomahawk. I raid hanno causato crateri, crolli e detriti, danneggiando infrastrutture, tunnel di alimentazione e aree sotterranee.

L’indomani gli iraniani hanno lanciato missili sulle basi statunitensi in Qatar e in Iraq, evacuate perché Teheran aveva avvertito in precedenza dell’attacco che serviva agli ayatollah per salvare la faccia. Cosa di cui il Potus Trump li ha ringraziati.

Dopodiché si è avuta la conclusione di questa strana guerra di dodici giorni che non ha visto coinvolte forze di terra.

Trump ha imposto la tregua per la pace

L’Iran ha accettato di sospendere le operazioni militari appena Israele avesse cessato le sue, con una scadenza fissata per le 4:00 del 24 giugno (ora di Tehran/Italia) . Il presidente Trump e il Qatar hanno funto da intermediari: il Potus ha esercitato pressione su entrambe le parti, mentre il Qatar ha facilitato il dialogo tra Teheran, Washington e Tel Aviv. Trump ha annunciato che il cessate il fuoco sarebbe stato “per sempre”, e ha minacciato di sanzioni, o di azioni dirette, contro chi violasse l’accordo, minacciando sia l’Iran che Israele.

La “dottrina” di quest’accordo è: pacificazione nella regione e permesso a Teheran di sviluppare il programma del nucleare civile, sotto osservazione.

Non sappiamo se tutto questo potrà reggere, possiamo però leggere le intenzioni dei soggetti.

L’attacco israeliano all’Iran

Il pretesto addotto era l’impellenza di bloccare la costruzione dell’atomica iraniana giusto in tempo. Ma di questo non abbiamo prove.
Viceversa delle ragioni di politica interna e di proiezione d’influenza sono facilmente decifrabili.
Il governo di Tel Aviv era sul punto di cadere per l’opposizione della destra ortodossa all’estensione del servizio militare ai fondamentalisti religiosi, tuttora esenti. Con la caduta del governo, Netanyahu rischiava la prigione per le accuse di corruzione che lo incalzano da prima del 7 ottobre 2023. E fin qui il movente personale, poi abbiamo quello nazionale.

Il consolidamento dell’hub israelo-arabo, fondato in buona parte sul gas israeliano, che dal 2019 in poi ha prodotto una solida alleanza tra israeliani e wahhabiti e che ha visto già più volte in azione la contraerea comune (MEAD), ha portato alla caduta del governo libanese e di quello siriano, rimpiazzato da “jihadisti democratici”.
L’imperialismo sciita iraniano ha subito diversi colpi. Affondare il coltello proprio ora per indebolirlo ulteriormente e aprire la via alle progressioni verso la mappa della Grande Israele, rappresentavano una tentazione ghiotta per Israele.

Poi l’intervento americano.
Perché? Per salvare Israele in difficoltà, come sostengono i fan di Teheran? Più probabilmente per un motivo molto diverso. Mettendosi in mezzo con questo vigore, gli americani hanno garantito un equilibrio in zona. E ne hanno bisogno perché serve salvaguardare un imperialismo sciita in concorrenza con uno sunnita per il divide et impera.

Ma, soprattutto, hanno inferto un colpo d’immagine alla pretesa leadership politico-militare israeliana nella regione, dimostrando al tempo stesso, di essere i più forti anche in tecnologia militare oltre che più capaci di intese a largo raggio.

Nel riaffermare il loro primato hanno anche segnato altri due punti importanti. Hanno dimostrato alla Cina che il divario da colmare per raggiungerli è molto alto.
In sedicesimo, con la straordinaria dimostrazione di forza, tecnologia e logistica fornita nell’attacco della notte solstiziale, hanno inviato alla Cina e al mondo un messaggio simile a quello che lanciarono all’URSS e al mondo con Hiroshima. E stavolta senza ecatombe.

Frattanto hanno dimostrato che nella regione non conta più l’Europa, e lo sapevamo, ma neppure la Russia, che non è riuscita a svolgere nessun ruolo in questo conflitto che pure vedeva coinvolti uno dei suoi pochi alleati militari (Teheran) e la nazione in cui la parte principale della popolazione è di origine russa e con il cui governo esistono rapporti fraterni (Israele). Ma si è capito anche che non conta ancora abbastanza neppure la Cina.

Gli USA hanno, con una mossa sola, dato scacco a tanti giocatori e ci hanno costretti a rivedere molte teorie sul loro declino e, soprattutto, sull’ascesa di ipotetici fronti antagonisti.

Escalation globale? Non se ne vede il motivo.

Gabriele Adinolfi

Un pensiero su “La guerra dei dodici giorni. Logiche, strategie e propagande

  • VALERIO CORVI

    Come sempre UBI MAIOR … quella è veramente l unica area del mondo che conosco molto bene, oltre ad EUROPA LA base interforze di DOHA è l epitome della doppiezza qatariota e una delle certificazioni del declino europeo COME sai al multipolarismo per come c’è lo vendono non ho mai creduto È il serpente trotkista in una delle mutevoli rappresentazioni Prima che i criminali dentro le ambasciate italiane si muovesse in quei territori ho vissuto i migliori giorni da uomo libero L identità europea classica affascina quei popoli abituati a europei vigliacchi o addirittura gente del ‘sistema ‘ PURE quelli annidato nelle cattedrali emiratine e qatariote. OMAN e KURDISTAN sono mondi a parte Quanto i rabbiosi fedeli del talmud e della kabbala siano consci di ciò che è avvenuto non lo so NOI tendiamo da sempre a sopravvalutare l entità sionista I PATTI DI ABRAMO ponevano il mondo sciita in una posizione di retroguardia ma mettevano un freno alla stessa entità UNO dei buchi neri di cui nessuno parla è l IRAQ 🇮🇶 sciita del post BAATH Ricettacolo delle peggio perversioni di quell ISLAM ARTIFICIALE che ha occupato la SIRIA 🇸🇾 e sta occupando culturalmente EUROPA GLI IMAM europei sono pupazzi luridi creati dal connubio CIA -ISRAELE, simili agli amici di PUTIN in CECENIA È un gioco che EUROPA piegata al politicamente corretto si immola come vittima Questo suicidio rituale non lo concepisco: è ammucchiati e varechina lanciata a secchiate nei cervelli MI domando spesso come tutte le entità economiche si siano inclinate alla morte per eutanasia ed all apolidismo coatto JUNGER e VENNER assieme all AREA mi hanno dato gli strumenti giusti sin da ragazzino , assieme all esempio di mio nonno , sentinella in vita di un mondo che fu Continuo a non comprendere pienamente TRUMP ed i sodali suoi SO che ti avvelenare ma sai che BANNON mi piace ed in una certa misura lo stesso JD VANCE I meandri cinesi fatico a comprenderli ed a capire quanta internazionale trotkista sia annidato nelle strutture finanziarie D altronde che il capo della GALASSIA STEAGISTA GRECA fosse un banchiere trotkista amico addirittura di TITO lo abbiamo scoperto da soli Anche in GRECIA è argomento taboo nonostante con le speculazioni delle OLIMPIADI 2004 abbiano di fatto posto le basi per il default greco IL tizio credo sia morto addirittura nel suo letto pochi anni fa. Credo sia l idolo dei DE BENEDETTI e di tutto quel ballerino infame mondo TRUMP potrebbe essere opportunità se qualcuno in EUROPA tiene la schiena dritta oltre la moneta e l economia spiccia PER compattare un idea di EUROPA che espulga le statue cartonate di SPINELLI e provi o voglia affermare se stessa Spicciamente noi mangiamo, beviamo e scopriamo da europei Viviamo da europei in ogni luogo del mondo Calpestandolo non con la protervia della COMPAGNIA DELLE INDIE o di qualche derivato francese – non la LEGIONE , uno dei pochi esempi di multiculturalismo quasi perfetto – EUROPA si deve poter liberare dal giogo della BUROCRAZIA SE la scuola è l università purtroppo sono quasi perdute : le istanze delle società europee sono rivolte al coraggio degli uomini liberi, anche inconsciamente Addirittura gente degli ORDINI lo vorrebbe Immettere vitalismo e capacità di leggersi per ciò che siamo sarebbe fondamentale e siamo alle chiamate ultime Provare ad essere almeno WALLENSTEIN per rialzare la testa NEL torpore delle genti che vorrebbero essere popoli

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Language